Da sempre governanti più o meno democratici scatenano guerre per futili motivi contro altri Paesi, queste guerre aggregano attorno ai due contendenti altri Paesi che, accampando motivi etici (aggressioni, libertà, democrazia), sfruttano la situazione.
In realtà le guerre si iniziano quasi sempre per risanare problemi economici interni (bilanci disastrosi, inflazione fuori controllo, mancanza di lavoro) e inesorabilmente in questi conflitti c’è chi guadagna di più e chi guadagna di meno, di certo però chi perde sempre e comunque è il popolo.
Con questa premessa inneggiare alla guerra e all’invio di armi di qualsiasi tipo in Ucraina è assolutamente criminale, anche e soprattutto per il popolo ucraino.
Ecco un articolo de Il Fatto Quotidiano che mette in evidenza chi sta guadagnando in questa guerra, certamente non sono i soli, il mercato delle armi è molto fiorente anche in Italia.
Manuela Valletti
LA GUERRA IN UCRAINA FA VOLARE L’EXPORT DI ARMI USA (+49%)
l valore delle esportazioni di armi americane ha raggiunto nel 2022 i 52 miliardi di dollari, in rialzo del 49% rispetto ai 35 miliardi del 2021. Il “merito” va soprattutto alla Germania che ha comprato prodotti made in Usa per 8,4 miliardi, seguita dalla Polonia con un maxi ordine di 250 carri armati Abrams da 6 miliardi di dollari (HTML)
Diciassette miliardi di dollari. A tanto ammonta uno dei dividendi della guerra in Ucraina per l’industria degli armamenti statunitensi. I dati sono stati diffusi dal dipartimento di Stato degli Stati Uniti e segnalano come il valore delle esportazioni di armi americane, autorizzate da Washington, abbia raggiunto nel 2022 i 52 miliardi di dollari, in rialzo del 49% rispetto ai 35 miliardi del 2021. Non vi rientrano le armi e munizioni fornite direttamente dagli Usa che come tali non rientrano nei dati sull’export. Il “merito” va soprattutto alla Germania, che ha comprato prodotti made in Usa per 8,4 miliardi, seguita dalla Polonia (6 mld) con il maxi ordine di 250 carri armati Abrams. Berlino è impegnata in un importante piano di riarmamento per cui sono stati messi a bilancio 100 miliardi di euro. La Finlandia ha comprato missili tattici e missili terra — aria per circa 600 milioni di dollari. Ordini di missili e razzi da mezzo miliardo di dollari dalla Lituania, dall’Olanda (1,2 miliardi) , dalla Norvegia (950 milioni), dall’Estonia (500 milioni) e dal Belgio (380 milioni). Si è mossa persino la Svizzera con un ordine da 700 milioni di dollari per missili patriot.
Molte commesse provengono dai paesi del Medio Oriente mentre dall’Indonesia sono arrivati ordini da 14 miliardi per jet militari F15. Negli Stati Uniti operano i tre colossi della difesa Lockheed Martin, Raytheon Technologies e Northrop Group. Anche Boeing ha una divisione dedicata all’industria militare. I produttori di armi hanno registrato ricavi in decisa crescita e nel 2022, nonostante i cali generalizzati dei listini, hanno messo a segno buone performance di borsa. I titoli Raytheon sono saliti del 10%, quelli Lockheed quasi del 20% così come le azioni Northrop. Dinamiche non diverse hanno interessato peraltro anche aziende europee, l’italiana Leonardo ha chiuso il 2022 con una crescita di circa il 50%, la tedesca Rheinmetall (che costruisce anche i carri armati Leopard e i Panther) ha più che raddoppiato il suo valore.