Il costituzionalista Francesco Clementi ci spiega la successione, i poteri e gli obiettivi della monarchia
Il nuovo re Carlo III, che come sua madre Elisabetta II d’Inghilterra detiene un potere formale e non sostanziale, dovrà affrontare due grandi sfide: tenere il Paese unito e far sì che mantenga un ruolo di global player. A dirlo all’AGI è Francesco Clementi, costituzionalista, docente di diritto pubblico comparato alla Sapienza.
Come nasce la monarchia britannica e quali sono le sue caratteristiche?
Il modello monarchico britannico naturalmente ha origini antiche e parte innanzitutto dal 1066, quando Guglielmo I il Conquistatore ottenne la corona d’Inghilterra dopo la morte in guerra di Aroldo II, ultimo re anglosassone. Tuttavia, dopo un periodo assai tormentati, è dall’evoluzione della Magna Carta Libertatum nel 1215, con la carta concordata dal re Giovanni d’Inghilterra a Runnymede con i nobili che abbiamo la prima presa d’atto che il modello associativo principale di organizzazione del potere, cioè un re per un popolo, inizia a trovare dei limiti, che nascono appunto dal confronto con coloro che sono i primi assistenti del re, ovvero i nobili. Questa evoluzione trova nella storia costituzionale britannica una serie di dinastie che si succedono, l’ultima delle quali è appunto la dinastia dei Windsor, che però prendono questo nome solo dal 1917, perché in realtà la loro è una dinastia nobile tedesca, quella dei Sassonia-Coburgo-Gotha. Naturalmente avere un cognome tedesco e guidare l’impero britannico dopo la prima guerra mondiale non era esattamente l’ideale. Quindi il monarca Giorgio V fece cambiare il nome alla casata facendola diventare Windsor. Questo ci dimostra che l’evoluzione costituzionale della monarchia britannica è in fondo l’evoluzione costituzionale delle forme di Stato e delle forme di governo che noi conosciamo: si tratta di percorsi che puntano alla limitazione del potere monarchico, che fino alla Glorious Revolution del 1688-1689, che portò alla deposizione di Giacomo II d’Inghilterra e alla sua sostituzione con Guglielmo III, era ancora un potere assoluto. Quando la monarchia perse questo potere assoluto e progressivamente si costituzionalizzò ci fu l’affermazione progressiva tanto del Parlamento quanto soprattutto, in corrispondenza all’emergere dei partiti politici in seguito alla riforma elettorale del 1832 – il Reform Act – di quello che chiamiamo la forma di governo primo-ministeriale.
Quali sono le regole di successione al trono?
La regola principale è che la successione è di tipo ereditario, quindi il primo obbligo della monarchia è fare figli, perché se non fai figli non hai eredi. E la successione ereditaria – come si vede – non fa distinzione di genere.
Quali sono i poteri del monarca britannico?
Innanzitutto va detto che oggi è un potere formale e non sostanziale. Nei secoli, infatti, il potere monarchico ha consumato tutta la sua forza sostanziale fino a ridursi a un potere formale, che fra l’altro si inserisce dentro un contesto sociale oggi chiaramente post-imperiale, post-aristocratico e almeno in parte addirittura post-anglicano, perché il principe Carlo, prima di essere il nuovo Re, si è sempre impegnato per un forte pluralismo religioso. Possiamo dire che oggi il monarca, seguendo l’antico scritto di Walter Bagehot del 1867 (The English Constitution) ha tre diritti: quello di consultare e di essere consultato, quello di incoraggiare, e quello di ammonire. Si tratta, nei fatti, di quello noi chiamiamo, in modo sintetico: moral suasion. Il monarca partecipa alle decisioni strategiche ma sta sempre un passo indietro rispetto all’indirizzo politico espresso dal governo sulla base del rapporto di fiducia con il Parlamento, in ragione dell’esito elettorale.
Pensa che ci sarà una riforma della monarchia sotto Carlo III?
Una riforma in senso stretto sarà difficile da vedere a breve, perché molto di quello di cui parliamo è figlio di prassi istituzionali. Quindi potremmo vedere dei cambiamenti riguardanti la prassi, questo sì. Possiamo aspettarci che Carlo III farà leva su alcuni elementi di modernità. Non credo invece che si metterà mano agli statuti o ai documenti costituzionali.
Quali saranno le principali sfide del nuovo re?
La principale sarà interpretare la monarchia alla luce della Brexit. Carlo III dovrà tenere il Paese unito e far sì che il Paese mantenga un ruolo di global player. Due obiettivi non scontati. Naturalmente vi sarà anche il tentativo di ristrutturare il modello monarchico rendendolo più adeguato allo spirito del tempo. In questo senso possiamo prevedere una monarchia molto più agganciata ad alcuni temi come quello ambientale, per il quale Carlo III si è già impegnato in prime linea nel dibattitto mondiale.
Cosa accadrà nei prossimi giorni?
Carlo è già diventato re nell’istante in cui sua madre è morta. Svolge le funzioni del monarca. Ma domani si terrà la sua proclamazione, che è molto importante per due ragioni: la prima perché giurerà, la seconda perché si presenta al popolo. Il re giurerà di fronte a un soggetto istituzionale che si chiama Accesion Council, che è l’insieme di due componenti diverse: da un lato il Privy Council, cioè il consiglio privato della Corona, dove si trovano gli altissimi dignitari che assistono la Corona, a cui si somma una serie di figure strategiche per la transizione monarchica. Queste figure vedono tra le altre la presenza del sindaco di Londra, alti dignitari e pure i rappresentanti del Commonwealth, perché non dimentichiamoci che il re è anche re di 15 Paesi oltre al Regno Unito. Tutti questi soggetti, che sono circa 700, nel 1952, quando Elisabetta giurò, erano circa 200 presenti. Carlo farà un giuramento solenne di fronte a costoro. Innazitutto un giuramento di fedeltà al popolo britannico e alla Corona, ma monarca giura di preservare anche non solo la Chiesa d’Inghilterra, anglicana, ma anche quella di Scozia, cattolica. Dopo il giuramento Carlo si presenterà al popolo. La terza e ultima fase è l’incoronazione solenne, che si terrà invece nei prossimi giorni o addirittura mesi, come avvenne per la Regina Elisabetta II.
FONTE: agi