La caduta di Draghi dona ore drammatiche ai falsi controinformatori. Non hanno fatto in tempo a chiudersi dentro la loro stanzetta dalla quale hanno partorito le sceneggiature degli ultimi mesi, campi di concentramento, moneta digitale, etc., che anche la loro ultima montatura si è infranta contro il duro muro della realtà. Non esiste un orizzonte governativo dopo Draghi. Non verrà spostato l’ottuagenario Amato, secondo solo a Draghi per danni inflitti all’Italia, dalla Corte Costituzionale a palazzo Chigi. Non esistono altri governi tecnici perché non esistono le condizioni per poterli allestire.
I partiti sono deboli e prosciugati e non possono più permettersi di sostenere un altro tecnocrate che tra l’altro nemmeno c’è perché nessuno così folle da andare a palazzo Chigi in questo momento. Non è un “teatrino” programmato. Il teatrino è di coloro che dicono che questo scenario era voluto dalla classe politica. Balle, ancora una volta. Erano tutti aggrappati disperatamente al tecnocrate Draghi nella speranza di poter reggere il fragile e debole status quo.
Tolto Draghi, si sono rotti gli argini. Le urne sono il prossimo passo e saranno il certificato di morte dei partiti. Il bello viene adesso. Ci saranno turbolenze e instabilità ma saranno necessarie per chiudere la stagione della liberaldemocrazia nata nel 1946-48 e aprirne una nuova, nella quale il Paese dovrà riguadagnare l’indipendenza che non ha avuto negli ultimi 80 anni.
Cesare Sacchetti