Il leader dei portuali di Trieste, giunto ieri mattina a Roma, ha potuto fermarsi in Piazza del Popolo giusto 5 ore, lo ha fatto per avere la risposta alle richieste che i portuali avevano fatto al Ministro Patuanelli che li aveva incontrati a Trieste una decina di giorni addietro, poi è stato convocato in Questura dove ha sostato per altre 5 ore e ha ricevuto il foglio di via per lasciare Roma entro le 21 di oggi senza farvi ritorno per un anno intero.
Insomma un vero e proprio DASPO per il pacifico Puzzer, nemmeno fosse uno scalmanato, uno di quelli che mettono a ferro e fuoco gli stadi o le sedi dei sindacati di recente memoria.
Il gesto, ovviamente spropositato, denota da un lato il timore che Stefano Puzzer, solo con la sua presenza, potesse convogliare a Roma centinaia di migliaia di persone e dall’altro la volontà da parte del Governo di proseguire con gli atteggiamenti provocatori che abbiamo visto negli ultimi tempi
Queste reazioni fuori misura dell’autorità costituita mirano a provocare reazioni violente da parte dei popolo che protesta: le abbiamo viste nella manifestazione di Roma con infiltrati della DIGOS che picchiavano selvaggiamente innocui cittadini e al porto di Trieste, quando le forze dell’ordine hanno usato gli idranti per disperdere persone pacifiche che non bloccavano nulla.
L’istigazione all’odio e presente ogni sera nei telegiornali e nei talk show ed è a senso unico, ovvero nei confronti di chi rivendica diritti individuali negati.
Domandiamoci allora chi ha interesse ad esasperare il clima in questo paese? Chi ha interesse a prendersela con Stefano Puzzer, rappresentante di gente pacifica che non torcerebbe un capello a nessuno?
Il potere cerca di alzare il livello dello scontro sapendo bene che la protesta non può avere per ora uno sbocco politico. Una eventuale degenerazione violenta della situazione autorizzerebbe poi il governo ad intervenire con estrema durezza.
Periodi simili li ho vissuti in gioventù, allora si parlava di strategia della tensione, e credetemi, non hanno portato bene al Paese. Non cadete nel loro tranello.
Chi è Stefano Puzzer
Una popolarità certamente inattesa, ma non illogica per un sindacalista di lungo corso. In servizio dal 1994 presso il porto di Trieste, “Ciccio” (così lo chiamano gli amici) ha alle spalle diverse battaglie per i diritti dei lavoratori. Tra queste, spicca senza dubbio quella del 2015, allorché Puzzer bloccò lo scalo mobilitando tutti i circa 220 iscritti al sindacato. Quella prova di forza finì con un vero capolavoro, ovvero l’accettazione da parte dell’Autorità portuale del testo integrale dell’Allegato VIII del Trattato di Parigi del 1947, che garantisce la priorità ai lavoratori triestini nelle assunzioni presso il porto cittadino.
Un colpo da fuoriclasse, anche se oggi qualcuno fa notare una certa incongruenza tra le istanze localiste (che peraltro furono alla base della nascita del CLPT) e l’impegnativa etichetta di “leader patriota” che qualcuno gli ha appiccicato per la determinazione nella protesta contro un obbligo del green pass che viene vissuto come dittatoriale.
Non è dato di sapere quale sia l’orientamento politico di Puzzer, ma un elemento di oggettiva contraddizione pare risiedere nel fatto che l’acceso contestatore del Green Pass affermi di essere “vaccinato per convinzione”, anche se sui suoi social non è difficile imbattersi in contenuti palesemente no vax.
D’altra parte, è dote fondamentale di un sindacalista sapersi fare interprete del disagio che serpeggia tra i lavoratori e che, in questo caso specifico, è la risultante di un mix veramente eterogeneo: non sono certo solo estremisti di destra a protestare contro il Green Pass, anche se i fatti di Roma ne hanno messo in luce l’ingombrante presenza, bensì un complesso insieme di scetticismi e delusioni varie.
Sposato con Matia, che ne appoggia la battaglia contro le decisioni del Governo, e padre di un bambino, il “sognatore rivoluzionario” (è lui stesso a definirsi così) ha portato la sua tuta gialla nelle case degli italiani e con immagini forti. Dalle lacrime durante lo sgombero del sit-in ai più energici idranti dei quali si è discusso anche in Parlamento, con forti critiche per la ministra Lamorgese, ha costruito un’immagine barricadera che rimanda ai tempi più gloriosi delle rivendicazioni dei lavoratori.
Un percorso di rapida ascesa, ma non immune da inciampi. È stata piuttosto clamorosa la rottura tra “Ciccio” e i portuali di Trieste, che non gli hanno perdonato una certa vaghezza nella fase più calda della lotta. Puzzer aveva infatti dichiarato un po’ frettolosamente vittoria, avendo ottenuto un incontro in Parlamento, e il fatto che aggiungesse “domani torniamo a lavorare” aveva fatto letteralmente infurirare i colleghi. Costretto a una rapida marcia indietro con la decisione di prolungare la protesta, ha però indispettito gli altri leader del movimento, che non hanno gradito la sua fuga in avanti. Pur avendo derubricato l’episodio a “una svista comunicativa”, Puzzer è stato costretto a fare un passo indietro, lasciando il ruolo di portavoce. Almeno quello dei portuali, perché poco dopo ha assunto la guida del Coordinamento 15 ottobre, che si pone come obiettivo quello di allargare la mobilitazione ad altre città ed altre categorie professionali.
Un’evoluzione ben poco gradita al CLPT, che con un secco comunicato si è chiamato fuori dal progetto, di fatto disvelando una chiara e forse definitiva spaccatura nella protesta. Sarebbe stato difficile prevederlo solo poche ore prima, quando Puzzer respingeva con sdegno la proposta di tamponi gratis per i portuali, affermando di non essere disposto a lasciare a casa neppure “un solo fratello”.
Eppure la battaglia continua e, se l’autunno continuerà ad essere caldo come tutti pronosticano, certamente Stefano “Ciccio” Puzzer ne sarà immancabilmente un protagonista.
MV@