Bastano solo 300 euro per comprare “illegalmente” ampio consenso sui social network. L’allarme, se tale lo si può definire, arriva dal rapporto “Falling Behind: How Social Media Companies are Failing to Combat Inauthentic Behaviour Online” redatto dallo Strategic Communication Centre of Excellence della Nato e fa luce su un fenomeno, da tempo diffuso, e che chiama direttamente in causa le principali piazze di condivisione della Rete, vale a dire Instagram, Facebook e Twitter. Una pratica, quella della manipolazione dolosa e del traffico di like e follower online, in costante crescita e che in Europa, secondo gli esperti legali, sta approfittando di un vuoto regolatorio e dell’assenza di misure sanzionatorie mirate.
I numeri del fenomeno
Il carrello della spesa per i “malintenzionati” è presto composto e riflette l’esperimento condotto dai ricercatori della Nato, che hanno acquistato traffico social da 11 provider russi e cinque europei (uno polacco, due tedeschi, uno francese e uno italiano). Con un budget di 300 euro è possibile portarsi (metaforicamente) a casa 3.530 commenti, 25.750 “Mi piace”, 20mila visualizzazioni e 5.100 follower.
Volendo limitare il proprio investimento a 10 euro, ecco serviti 990 follower su Facebook oppure 2.439 su Twitter, 3.846 su Instagram o 458 su YouTube. Sempre con la modica spesa di 10 euro si possono comprare 11.627 visualizzazioni su Facebook oppure 4.347 su Twitter, 3.267 su YouTube e 13.158 su Instagram. Per chi smania di commenti sul social network delle immagini, infine, con i soliti 10 euro se ne ottengono fino a 200. Un mare di interazioni manipolate, insomma, che in buona parte fa la fortuna di fornitori europei, definiti dallo studio come “più costosi di quelli russi ma spesso meno affidabili”. La compravendita di interazioni non autentiche, si legge ancora nella nota che accompagna il rapporto, è generata per oltre il 90% dei casi per scopi commerciali, e specificatamente per cercare di aumentare la propria popolarità allo status di influencer in grado di manipolare l’audience pubblicitaria online o di soggetti con una grande visibilità pubblica a fini politici.
Un business malevolo da miliardi di euro
“Se il focus dello studio della Nato – ha spiegato al Sole24ore l’avvocato Eugenio Bettella, partner di Rödl & Partner – è concentrato su quelle manipolazioni che possano influenzare dolosamente aspetti sistemici dei vari Paesi come per esempio le elezioni, le risultanze sono allarmanti anche sotto l’aspetto economico e commerciale”. Ed è il mercato dell’influencer marketing, in modo particolare, a registrare gli effetti più nocivi di questa incontrollata e malevola corsa all’acquisto di consensi digitali. L’utilizzo di account o like/traffico falsi per gonfiare il successo delle campagne di comunicazione, come conferma ancora l’esperto, “è una pratica purtroppo oramai significativamente diffusa e a livello globale vale miliardi di euro”.
Un vuoto normativo da colmare
Il vuoto normativo in materia che penalizza l’Europa non trova però corrispondenza negli Stati Uniti, dove a muoversi in proposito è stata la Federal Trade Commission. L’organismo di controllo del commercio Usa ha recentemente condannato una società per queste pratiche illegali sanzionandola con una multa da 2,5 milioni di dollari e crea un (importante) precedente giuridico. “In Italia e in Europa – ha invece ricordato Bettella – sono oggi le imprese a cercare di tutelarsi direttamente presso gli influencer che utilizzano, sganciandosi dalla responsabilità di pratiche illegali, ma trovando diverse difficoltà nel verificare la correttezza di questi soggetti”. Ciò che manca, e l’esperto di Rödl & Partner non ne fa certo mistero, è una legislazione specifica su questo fenomeno, o comunque delle linee guida regolatorie da parte degli organi di autodisciplina del mercato che possano delineare un codice di comportamento per gli operatori per tutelare consumatori, aziende e mercato stesso. Nel frattempo bastano solo 10 euro.
A rischio frode sia consumatori che aziende
Assistiamo alla proliferazione di follower e like dopati anche per promuovere prodotti e pratiche commerciali illecite a danno di consumatori e aziende. Allo studio legale Rodl&partner hanno in proposito le idee molto chiare sul grado di “pericolosità” di questo fenomeno, proprio pensando al rischio di frode cui sono esposti da una parte i singoli utenti e dall’altra le imprese che ingaggiano (pagandoli profumatamente) gli influencer per aumentare la propria reputazione online. Facebook, Instagram e Twitter, malgrado gli sforzi profusi, rimangono insomma ancora fallaci nel combattere il fenomeno del “fake” e delle pratiche scorrette e si dimostrano di fatto impotenti nei confronti di chi, anche con una limitata disponibilità di denaro e una buona conoscenza dei meccanismi dei social network, punta a interferire e influenzare l’opinione pubblica.
Gianni Rusconi