Di Vittorio Sgarbi
Daverio era aria libera.
È stato tra i più importanti e autorevoli protagonisti della critica degli ultimi anni. Tramontate personalità come Argan e Calvesi, erano rimasti sulla piazza Celant e Bonito Oliva, che hanno rappresentato una critica d’arte avara e militante, legata soltanto alla contemporaneità per schieramenti, mentre Daverio ha rappresentato una dimensione non faziosa ma illuminata.
Nonostante qualche screzio, i nostri rapporti sono stati di grande amicizia.
Mentre gli altri erano stati uomini di regime, Daverio è stato uno che si è sporcato le mani con la politica: ci ha messo la faccia.
Oltre a storico e critico d’arte è stato anche un importante mercante d’arte. E poi aveva capito l’importanza della televisione.
Sia io che lui abbiamo fatto politica ma eravamo nell’arte “non politici”; infatti tutti quelli che ce l’hanno con me dicono : “ah, come critico d’arte non si discute, ma non siamo d’accordo su… “ , e questo si può dire anche per lui perché la sua esperienza come assessore leghista non ha determinato una scelta ideologica , come se il mondo dell’arte fosse un “paradiso dell’innocenza”.
Ecco, lui e stato in un paradiso dell’innocenza: è certamente il più leggibile, il più godibile, il più piacevole , il più divertente, il più allegro e quindi ci mancherà la felicità , l’allegria il divertimento, il paradosso, rispetto alla seriosità di Celan o di Calvesi: due critici d’arte per pochi.
Daverio è stato uno storico al servizio del popolo e quindi lo ha divertito, gli ha raccontato l’arte , lo ha fatto con la televisione.
Quindi onore a Daverio.