La malattia di Alzheimer è un vero e proprio flagello per i malati e per le famiglie che vedono i loro cari perdere gradatamente ma inesorabilmente tutte le loro facoltà.
Di certo la malattia, pur terribile, sarebbe più accettabile se il paziente (un papà, una mamma, un marito o una moglie) fosse presente a se stesso e riconoscesse il familiare. Purtroppo invece una delle prime facoltà che il malato perde è quella di riconoscere i propri familiari, e questo fatto crea sconcerto, paura e rabbia allo stesso tempo.
Succede che un giorno il tuo papà o la tua mamma ti guardino senza conoscerti, ti si avvicinino e ti chiedano, magari in modo deciso:” ma tu chi sei?” In quel momento crolla il senso di una vita intera. E’ infatti inaccettabile che il tuo genitore non ti conosca, non sappia nemmeno chi sei. E se, cercando di superare il primo sconcerto, si insiste nel farsi riconoscere, saranno guai, perchè il genitore negherà ancora e ancora il suo ruolo. Questo accade anche tra coniugi: “no questa non è mia moglie, lei è giovane e bella, e questa è una vecchia”.
In realtà i malati di alzheimer non ricordano le cose appena accadute, ma hanno una memoria remota ancora viva, per cui ricordano il coniuge giovane e il figlio piccolo. Il dramma è questo. Però accorre anche dire ai parenti del malato che egli pur non riconoscendo i loro visi,ha nei loro confronti un ricordo emotivo, ovvero, se con pazienza e tranquillità ci si avvicina a e si accarezza la loro mano o il loro volto, sentono l’affetto che provano per la persona che hanno accanto, anche se non sanno in realtà di chi si tratti.
Sono momenti di grande sconforto, di dolore profondo, che si superano solo con il grande affetto che si nutre nei confronti del malato e con tanta pazienza. Occorre sempre ricordare che la persona malata purtroppo non riconosce i familiari, invece i familiari sanno benissimo chi è il malato, e dovranno portare rispetto alla persona, al genitore, al coniuge, sempre.
Spunti dal Libro PAPA’ MI PORTAVA IN BICICLETTA
Manuela Valletti