Tutto cominciò con la Fornero. Serve un miliardo per far ripartire l’indicizzazione al carovita. Cgil, Cisl e Uil: “Abbassate anche le tasse”
di CLAUDIA MARIN
Il sindacato è pronto a combattere per il ritorno al meccanismo di rivalutazione delle pensioni pre-Fornero: e, se l’obiettivo del governo è quello di attendere l’inizio del 2022, come da tabella di marcia della manovra, i vertici di Cgil, Cisl e Uil, con quelli delle federazioni dei pensionati, puntano ad ottenere un anticipo della soluzione meno penalizzante fin dal prossimo anno. In ballo, però, c’è circa un miliardo dei 2,2 miliardi di risparmi che l’attuale sistema garantisce alle casse dello Stato nel triennio 2019-2021.
Quella della rivalutazione piena delle pensioni rispetto agli aumenti del costo della vita, è d’altra parte, una delle principali rivendicazioni del sindacato al tavolo della riforma previdenziale avviato al Ministero del Lavoro pochi giorni fa.
L’obiettivo delle sigle sindacali è tornare all’indicizzazione al 100 per cento delle pensioni rispetto all’inflazione almeno per gli assegni fino a sette volte il minimo Inps (circa 3.600 euro lordi al mese). Ma non basta: si chiede di ridurre la pressione fiscale sui trattamenti previdenziali (la tassazione media nel nostro Paese è circa il doppio di quella dei Paesi Ocse) e aumentare platea e importi delle quattordicesima.
La Uil, con il leader Carmelo Barbagallo e il segretario confederale Domenico Proietti, però, mettono in campo anche altre richieste: la previsione di un meccanismo che restituisca ai pensionati quanto loro sottratto in questi anni. Ma – insistono – bisogna aggiornare i criteri con i quali ad oggi è valutata l’indicizzazione, basati sul paniere FOI (Famiglie di operai e impiegati) che non rispecchia le reali spese sostenute dalla fascia più anziana della popolazione.
Rispetto alla rivalutazione in senso stretto, i sindacati vogliono andare oltre il ripristino della legge 388/2000 (che ha meccanismi di indicizzazione più favorevoli degli attuali ma comunque non pieni che dovrebbero tornare in vita dal 2022) e vogliono che l’operazione parta fin dal 2021. “Noi pensiamo – spiega il segretario confederale della Cisl Ignazio Ganga – si possa anticipare la data al 2021 per il ripristino della 388 ma anche che si possa migliorare”. Il congelamento di quel meccanismo per il 2019-21 ad opera del governo Conte 1 ha portato 3,6 miliardi lordi di risparmi (2,2 miliardi netti). Servirebbe almeno un miliardo per soddisfare il pacchetto proposto dai sindacati.
Senza aggiungere che il segretario generale dello Spi Cgil, Ivan Pedretti, a sua volta, insiste sula richiesta di aumento della platea della cosiddetta Quattordicesima (la mensilità aggiuntiva per chi ha almeno 64 anni e pensioni inferiori a due volte il minimo, quindi circa 1.030 euro al mese) alzando l’asticella fissata per ottenerla. Chiede, per di più, che si aumentino gli importi, fissati tra 336 e 655 euro a seconda degli anni di contribuzione e dei trattamenti. Resta fondamentale il tema fiscale con la richiesta di aumentare le detrazioni per i pensionati e di tenere conto degli incapienti che non possono utilizzarle.
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