Milano, 8 dicembre 2018 – Quasi venti minuti di applausi per l’Attila del 7 dicembre. Più di quindici riservati a sipario chiuso a interpreti, direttore d’orchestra, regista e artisti del Piermarini, con lanci di fiori dal loggione e urla di approvazione pressoché unanimi.
Del resto, titolo non poteva essere più azzeccato per aprire dibattiti politici e disegnare paragoni tra passato remoto (reso più contemporaneo dall’allestimento di David Livermore) e presente, tanto che il gioco preferito del foyer è diventato rispondere alla domanda «Chi è Attila oggi?». In realtà, di barbaro l’Attila verdiano interpretato dal basso russo Ildar Abdrazakov, al suo terzo 7 dicembre, aveva poco, almeno nei costumi e nell’ambientazione: Livermore ha scelto di portare lo spettacolo in un Novecentesco distopico, in un periodo indefinito tra Prima e Seconda guerra mondiale, con alcuni richiami a film del Neorealismo e un tuffo in un locale anni ’40 con tanto di ballerine e piume d’oca. Il condottiero degli Unni si è quindi trasformato in un tiranno contemporaneo, che però non ha perso i tratti distintivi che gli diede nel 1846 il librettista Temistocle Solera. Elemento dominante in scena è stato l’annunciato ponte, che, per rispetto della tragedia di Genova, il regista ha deciso in corsa di non far deflagrare, come da progetto originario, ma solo di far aprire lentamente in due.
Alla fine, un quarto d’ora di applausi per tutti: dalla soprano spagnola Saioa Hernandez («Dovevo essere una tigre e ci sono riuscita»), che ha vestito i panni di Odabella, al tenore Fabio Sartori, il più acclamato per la sua interpretazione del cavaliere aquilejese Foresto, fino ad Abdrazakov, che ha promesso di tornare come Mefistofele. «Bello sentire il pubblico coinvolto, il teatro è sempre coeso il 7 dicembre. Ma stasera (ieri, ndr) ho sentito assoluta e continua tensione da parte del pubblico. Tutta la sera è stata molto intensa, anche la qualità del silenzio», il commento di Chailly, che ha collezionato un altro successo sul podio di via Filodrammatici. Di «opera straordinaria» ha parlato la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. Straordinaria come la cifra messa insieme al botteghino: più di 2,5 milioni di euro per 1.888 spettatori.