MINISTRO AMBIENTE

Così ha affermato il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa. Abbiamo verificato

Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, ospite della trasmissione Agorà su Rai3, ha affermato il 19 novembre: “In Lombardia ed in Veneto [gli inceneritori, n.d.r.] stanno chiudendo. Perché se aumenta [la raccolta differenziata, n.d.r.] – e sta aumentando, siamo uno dei primi Paesi al mondo per la differenziata – più differenzi meno bruci. Li stanno chiudendo perché non riescono ad alimentarli”.

Si tratta di un’affermazione abbastanza corretta, anche se con una forzatura per quanto riguarda la Lombardia. Vediamo i dettagli.

La situazione in Veneto

Abbiamo contattato l’ufficio stampa della Regione Veneto per avere chiarimenti e ci hanno confermato che sono stati chiusi negli ultimi anni due impianti termovalorizzatori, a Ca’ del Bue, in provincia di Verona, e a Fusina, in provincia di Venezia.

L’impianto di Ca’ del Bue, in trent’anni di vita, ha funzionato a lungo poco e male, come racconta la stampa locale, e nel 2016 si è deciso di riconvertirlo in un impianto di produzione di biometano e di energia elettrica da fotovoltaico.

L’impianto di Fusina è stato invece chiuso definitivamente a inizio 2014, dopo circa quindici anni in funzione, dall’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni. La chiusura, secondo quanto affermato all’epoca dal Comune, era stata resa possibile dal forte sviluppo della raccolta differenziata e dal successivo trattamento negli impianti di riciclaggio, e dalla conseguente riduzione delle quantità di rifiuti da bruciare.

Una dinamica virtuosa, questa, pronosticata già nel 2012 dall’assessore regionale all’Ambiente, Maurizio Conte, il quale aveva previsto non si sarebbero aperti nuovi termovalorizzatori e, anzi, si sarebbero dovuti riconvertire alcuni di quelli già esistenti a causa della costante riduzione delle quantità di rifiuti bruciabili negli inceneritori grazie alla raccolta differenziata.

Anche secondo l’ufficio stampa della Regione Veneto la chiusura dei due impianti è sicuramente legata all’andamento virtuoso della raccolta differenziata, che qui ha superato il tetto del 70% (dato corretto, che avevamo verificato ancora di recente, e dallo sviluppo di nuove tecnologie che permettono di aumentare le percentuali di riutilizzo dei rifiuti e di ridurre quelle di incenerimento. L’esempio che ci è stato fatto è stato quello del compostaggio dell’umido che permette, tra le altre cose, di produrre biogas.

La situazione in Lombardia

L’ufficio stampa della Regione Lombardia ha invece smentito che siano già stati individuati e avviati alla chiusura quattro impianti termovalorizzatori, anche se è possibile che a livello locale arrivino, nel futuro, decisioni in questo senso.

Si legge infatti in un comunicato stampa del 19 novembre dell’assessore regionale all’Ambiente, Raffaele Cattaneo: “Dei 13 impianti lombardi (…) è possibile che alcuni impianti piccoli, che sono ben al di sotto della soglia di utilizzazione di 100.000 tonnellate all’anno, più vecchi e più risalenti possano essere dismessi nei prossimi anni a venire senza compromettere il sistema”.

Una eventualità “possibile” e “nel futuro” dunque, mentre al momento non ci sarebbe niente di ancora deciso.

Secondo la tesi di Cattaneo esposta nel comunicato, a livello generale gli inceneritori non sono di per sé un male, anzi. A valle della raccolta differenziata rimane comunque un determinato quantitativo di rifiuti che non è possibile riutilizzare. Dunque, secondo Cattaneo è preferibile che quei rifiuti vengano bruciati producendo energia piuttosto che smaltiti in discarica o mandati all’estero (a pagamento).

Questa impostazione è poi anche quella della direttiva europea 2008/98/CE, recepita anche dal codice dell’ambiente italiano (d.lgs. 152/2006), che stabilisce una gerarchia per lo smaltimento dei rifiuti: i termovalorizzatori sono al penultimo posto, subito prima dello smaltimento in discarica.

La Lombardia insomma non ha preso la scelta di chiudere i termovalorizzatori: al massimo si tratterà di dismettere in futuro impianti vecchi e poco utilizzati. Ma nel complesso la Regione intende continuare a puntare sul modello (di derivazione europea) che vede gli inceneritori come penultima soluzione, prima della discarica, ma dopo il riciclo e il riutilizzo.

Guardando ai numeri che ha fornito la Regione nel comunicato di cui sopra, vediamo infatti che su quasi di 22 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e speciali sono appena 2,1 milioni le tonnellate di rifiuti che finiscono nei 13 inceneritori lombardi (1,1 milioni di rifiuti urbani e 1 milione di rifiuti speciali).

La percentuale di raccolta differenziata in Lombardia è, seppure inferiore a quella del Veneto, ampiamente al di sopra della media nazionale: il 68,1% contro il 52,5%.

Siamo uno dei primi Paesi al mondo per la differenziata

Per quanto riguarda il fatto che l’Italia sia tra i primi Paesi al mondo per la differenziata, l’affermazione di Costa è corretta. In base al rapporto “Recycling – Who really leads the world” dell’European Environmental Bureau di dicembre 2017, qui scaricabile, l’Italia è ai primi posti al mondo per riciclo dei rifiuti.

Se guardiamo alle percentuali di riciclo riportate dai vari Paesi (pag. 4 del rapporto), l’Italia si piazza undicesima in classifica con più del 50%. Prima si trova la Germania, con oltre il 65%.

La situazione migliora ulteriormente se si guarda alle percentuali di riciclo aggiustate (pag. 7 del rapporto) per superare le differenze metodologiche tra Paese e Paese. L’Italia balza infatti al sesto posto, col 49,7%. Prima resta comunque la Germania, col 56,1%.

È poi vero che si tratti di un fenomeno in aumento negli ultimi anni. In base al rapporto sui rifiuti urbani del 2017 dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), la percentuale di differenziata nel 2016 ha toccato il 52,5% (lo stesso dato riportato dall’European Environmental Bureau), in aumento di oltre dodici punti rispetto al 2012, quando era al 40%.

Conclusione

Il ministro Costa esagera quando sostiene che la Lombardia stia per chiudere quattro impianti termovalorizzatori perché non ci sono più abbastanza rifiuti per farli funzionare. Dalla Regione Lombardia hanno infatti spiegato che al momento non sono state ancora decise chiusure, e che se anche decisioni in tal senso dovessero arrivare dal livello locale non comprometterebbero il sistema di smaltimento dei rifiuti lombardo.

Tale sistema infatti utilizza gli inceneritori – 13 al momento – per meno del 10% del totale dei rifiuti e solo a valle di un procedimento di raccolta differenziata tra i più virtuosi in Italia, come alternativa alle discariche o all’esportazione verso l’estero.

Il ministro dell’Ambiente ha invece ragione per quanto riguarda il Veneto, che ha chiuso due impianti negli ultimi anni perché – secondo quanto riferito dalla Regione, e non solo – i livelli di raccolta differenziata e le nuove tecnologie hanno consentito un livello di riutilizzo dei rifiuti tale da rendere inefficiente il mantenimento in vita di troppi inceneritori. Sembra comunque vero che ci sia un legame tra aumento della raccolta differenziata e riduzione della necessità di ricorrere agli inceneritori. Aumentando infatti la differenziata è possibile separare rifiuti che possono essere trattati grazie alle nuove tecnologie di riciclaggio per ottenere nuovi prodotti o materiali, ad esempio l’umido per produrre concime e biogas.

In questo modo si riduce – ma è dubbio che si possa eliminare del tutto, soprattutto a breve-medio termine – la quantità di rifiuti che è ottimale bruciare al solo scopo di recuperare energia tramite la combustione.

Corretto infine che l’Italia sia tra i Paesi al mondo con la percentuale più alta di riciclo dei rifiuti e che negli ultimi anni questa percentuale sia aumentata significativamente.

Sergio Costa
Ministro dell’Ambiente

FONTE dir@agi.it

Di the milaner

foglio informativo indipendente del giornale

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