Evidentemente non vedevano l’ora. Aspettavano solo il pretesto e lo hanno usato per attaccare L’Indipendente con un articolo basato sul nulla. Senza uno straccio di fonte, giornalisticamente inconsistente, deontologicamente imbarazzante. La penna sguainata dai capoccia della redazione di Repubblica è quella, in realtà non molto affilata, di Giuliano Foschini. Il Foschini rilancia il solito teorema secondo cui l’Italia sarebbe «uno dei target principali» di una «precisa campagna di disinformazione di Mosca per delegittimare i paesi europei» attraverso «finanziamenti specifici a siti e influencer». Una teoria sulla quale il martellamento mediatico è inversamente proporzionale alle prove inesistenti a supporto. Ad ogni modo, quello che interessa a Repubblica non è certo fornire accertamenti sul fatto, ma darlo come assodato per colpire L’Indipendente, colpevole, agli occhi dell’autore, di non avere pubblicità ma di esistere solo grazie ad «abbonamenti e anonimi donatori». Addirittura, scrive Foschini, L’Indipendente nelle ultime settimane ha lanciato una «robusta ed efficace campagna di marketing». Incredibile! Un giornale che nonostante non prenda un euro, e quindi non sia influenzabile, dai potentati economico-politici che condizionano il suo e molti altri giornali, riesce con il solo contributo dei lettori a esistere e a farsi anche pubblicità. Per di più in maniera «efficace», senza nemmeno mettere in promozione gli abbonamenti a un euro come fanno i suoi editori. Per Foschini l’arcano è presto svelato e suggerito in maniera per nulla velata tra le righe: gli «anonimi donatori» devono essere senza dubbio agenti del Cremlino. Tanto che «anche su questo la Polizia farà approfondimenti». Come direttore de L’Indipendente, mentre resto in trepidante attesa di ricevere notifica di indagini in merito, mi tocca cogliere l’occasione per spiegare ai lettori qualche cosa in merito a questa storia e, visto che ci siamo, sui temibilissimi «anonimi donatori» che ci foraggiano.

Prima di cominciare riavvolgiamo brevemente il nastro per coloro che si fossero persi l’antefatto. Il tutto ha inizio su una questione che interessa un post sui social personali di Matteo Gracis, che de L’Indipendente è cofondatore, senza ricoprire alcun ruolo in redazione. Come già spiegato in un comunicato, il nostro giornale nella vicenda non c’entra nulla e su Repubblica, come su altri quotidiani che hanno trattato la vicenda, è stato tirato in ballo per provare a colpire una realtà che, evidentemente, fanno finta ignorare ma conoscono bene.

In ogni caso, al buon Foschini, sarebbe bastato chiederci lumi con una mail e volentieri gli si sarebbe spiegato che, fortunatamente, in tre anni di duro lavoro – cercando di restituire alla professione giornalistica una deontologia e un’autonomia che molti giornali hanno perso tra le pieghe di bilanci in profondo rosso – attorno a L’Indipendente siamo riusciti a costruire una comunità di migliaia di abbonati che ci permettono di esistere, crescere e – addirittura – di fare campagne di marketing. E poi si, in effetti a L’Indipendente è possibile fare anche donazioni: uno strumento comune a molte altre testate grandi e piccole (compreso il The Guardian, uno dei più importanti quotidiani al mondo) pensato per chi vuole supportare il nostro giornalismo. Il peso delle donazioni rispetto al nostro bilancio è marginale, non arriva al 5%, e la grande maggioranza sono di pochi euro.

Ho chiesto alla nostra segretaria di controllare: donazioni in rubli nessuna. Non me ne capacito. Eppure ci abbiamo provato in tutti i modi, pubblicando anche articoli con titoli come “La repressione del movimento contro la guerra in Russia”, dove spiegavamo ai nostri lettori che in Russia c’è una sistematica oppressione dei pacifisti, che certamente al Cremlino avranno gradito oltremodo.

In verità, la cosa che nelle redazioni della stampa mainstream probabilmente non sopportano è che il giornalismo non lo facciamo a senso unico pro-Nato come sono costretti a fare loro. E se raccontiamo al lettore della repressione in Russia, non omettiamo di riportargli come anche Zelensky abbia fatto carta straccia delle libertà civili in Ucraina, accorpando i media sotto il controllo di un ente governativo e chiudendo i partiti di opposizione. Ed evidentemente, l’altra nostra colpa è anche quella di non dare spazio a clamorose bufale sempre e solo a senso unico – sull’Ucraina e non solo – che lette a mesi di distanza fanno ridere per non piangere: “Mancano munizioni, russi all’assalto del nemico con le pale” (ops, proprio La Repubblica6 marzo 2023) o “Perché le sanzioni contro la Russia stanno funzionando” (ops, sempre La Repubblica12 settembre 2022), o quando sono arrivati al punto in cui, per giustificare il genocidio israeliano su Gaza, hanno pubblicato come nuova un’analisi fatta da un autore che era morto da due anni: è successo davvero e, non ci crederete, ancora su Repubblica (il 3 giugno scorso, e anche se poi hanno modificato l’occhiello scrivendo che lo scritto risaliva al 2011, il web non perdona e la versione originale dove si fa credere che si tratti di un contenuto inedito esiste ancora).

Senza abusare della pazienza di chi legge, che di cose nel mondo ne accadono di più importanti e su quelle si dovrebbe concentrare il giornalismo, un’ultima cosa: mentre da Repubblica preannunciano indagini su fondi e interessi occulti de L’Indipendentenoi sui loro non abbiamo bisogno di fare altrettanto, perché è tutto pubblico. L’editore di Repubblica è sotto inchiesta per truffa ai danni dello Stato per aver taroccato carte e conti, al fine di ottenere illecitamente fondi per cassa integrazione e prepensionamenti. Lo stesso editore, John Elkann, esercita una censura talmente pervasiva da aver costretto la Repubblica a mandare al macero centomila copie dell’inserto “Affari e Finanza” perché in prima pagina c’era un articolo che parlava dei legami economici sbilanciati tra Italia e Francia, evidentemente sgradito visto che l’azienda della famiglia Elkann-Agnelli, Stellantis, è direttamente partecipata dallo Stato francese. Una censura contro la quale protestarono gli stessi giornalisti di Repubblicasfiduciando il direttore Maurizio Molinari, che però rimane al suo posto imponendo una linea editoriale talmente propagandistica da censurare interviste, come quella al cantante Ghali, ritenuto troppo filo-palestinese, e da spingere chi non è d’accordo ad andarsene, come recentemente fatto dal giornalista e collaboratore di lungo corso Raffaele Oriani, che ha denunciato come il massacro israeliano su Gaza sia in corso anche grazie «all’incredibile reticenza di gran parte della stampa europea, compresa Repubblica».

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The Milaner attinge spesso notizie dall’Indipendente, un giornale che stimiamo molto e che ha la nostra stessa visione della realtà, nemmeno noi abbiamo finanziamenti di alcun tipo, viviamo della nostra libertà, la cosa più preziosa che abbiamo.

Manuela Valletti

Di the milaner

foglio informativo indipendente del giornale

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