Continua a diminuire il numero degli artigiani presenti in Italia. Dal 2012 sono scesi di quasi 325 mila unità (-17,4%) e in questi ultimi 10 anni solo nel 2021 la platea complessiva è aumentata, oltretutto di poco, rispetto all’anno precedente. L’analisi è stata condotta dall’Ufficio studi della Cgia, per cui secondo gli ultimi dati resi disponibili dall’Inps, nel 2022 si contavano 1.542.299 artigiani. Nell’ultimo decennio sono state Vercelli e Teramo le province che, entrambe con il -27,2%, hanno registrato la variazione negativa più elevata d’Italia. Seguono Lucca con il -27, Rovigo con il -26,3 e Massa-Carrara con il -25,3%. Le realtà che, invece, hanno subito le flessioni più contenute sono state Trieste con il -3,2, Napoli con il -2,7 e, infine, Bolzano con il -2,3%. In termini assoluti le province che hanno registrato le “perdite” più importanti sono state Bergamo con -8.441, Brescia con -8.735, Verona con -8.891, Roma con -8.988, Milano con -15.991 e, in particolar modo, Torino con -18.075 artigiani. Per quanto riguarda le regioni, infine, le flessioni più marcate in termini percentuali hanno interessato il Piemonte con il -21,4, le Marche con il -21,6 e l’Abruzzo con il -24,3%. In valore assoluto, invece, le perdite di più significative hanno interessato l’Emilia Romagna (-37.172), il Veneto (-37.507), il Piemonte (-38.150) e, soprattutto, la Lombardia (-60.412 unità).
Circa le cause del crollo, secondo la Cgia “il forte aumento dell’età media, provocato in particolar modo da un insufficiente ricambio generazionale, la feroce concorrenza esercitata dalla grande distribuzione e in questi ultimi anni anche dal commercio elettronico, il boom del costo degli affitti e delle tasse nazionali/locali hanno spinto molti artigiani a gettare la spugna. I consumatori, inoltre, hanno cambiato il modo di fare gli acquisti. Da qualche decennio hanno sposato la cultura dell’usa e getta, preferiscono il prodotto fatto in serie e consegnato a domicilio”. (Fonte: LaPresse)
Chissà perché l’hanno sposata.