Di Cesare Sacchetti
Le immagini più strazianti sono state probabilmente quelle del figlio del leader di Hezbollah, Jawad Nasrallah, che piange la morte di quello che prima che il capo del partito armato libanese era suo padre.
Il Libano è stato investito da bombardamenti violenti e feroci che hanno scosso la popolazione civile e che hanno fatto almeno 50 vittime soltanto nelle ultime 48 ore.
I media Occidentali, sempre così asserviti allo stato ebraico, nulla scrivono della risposta di Hezbollah ad Israele e di quelle degli altri Paesi arabi che sono corsi in aiuto del Libano aggredito da Israele.
Soltanto l’altro ieri ci sarebbe stata una operazione tanto ambiziosa quanto clamorosa se effettivamente trovasse una conferma effettiva nelle prossime ore.
I guerriglieri sciiti degli Houthi, vicini all’Iran, e già in opposizione all’Arabia Saudita che qualche tempo addietro voleva a tutti i costi instaurare nel Paese un governo fantoccio più vicino alla politica estera di Riyad, hanno dimostrato una sagacia e una precisione nei loro attacchi invidiabile se si pensa alle non vaste risorse di cui dispongono.
Gli Houthi hanno infatti lanciato due missili balistici contro l’aeroporto di Tel Aviv e lo avrebbero fatto in concomitanza con l’arrivo dell’aereo governativo di Netanyahu di ritorno dalle Nazioni Unite, apostrofate dal leader israeliano come una “palude antisemita”.
Non è certo nostra intenzione spenderci in una difesa delle Nazioni Unite che altro non sono che un archetipo del governo mondiale concepito dai soliti ambienti massonici, ma è indubbio che ormai Israele, il mondo sionista e più in generale il mondo ebraico sia affetto dalla sindrome della “persecuzione”.
In tale “visione” chiunque non si pieghi ai voleri di Israele e della sua folle volontà di potenza che mira a conquistare mezzo Medio Oriente e spazzare via i suoi avversari, è un “antisemita”.
E’ antisemita chiunque non aderisca perfettamente alle volontà del sionismo messianico e tale imperialismo non può che combattersi con assoluta e ferma determinazione poiché questo stato è ormai chiaramente divenuto non solo una minaccia per tutto il Medio Oriente ma per il mondo intero.
Israele sembra affetta da una febbre omicida e genocida. Vuole sterminare tutti coloro che ha intorno e tutti coloro che vogliono resistere al proposito del partito del Likud e di una delle sette sioniste più pericolose al mondo, quale quella di Chabad Lubavitch.
Stavolta però qualcosa di sensazionale potrebbe essere accaduto che dimostra, ancora una volta, come il secolo di Israele o più in generale il secolo ebraico sia definitivamente giunto alla sua naturale ed inevitabile conclusione.
La citata milizia sciita yemenita avrebbe come si diceva poco prima sparato due missili contro l’aeroporto di Tel Aviv, ma le testate sarebbero riuscite a colpire proprio l’aereo del primo ministro israeliano, a dimostrazione che Iron Dome, la tanto propagandata contraerea israeliana, ha dei seri problemi nell’intercettare le testate avversarie e che i cieli di Israele sono tutt’altro che sicuri.
Il mistero sulle condizioni di Netanyahu
Sono iniziate a circolare una ridda di indiscrezioni fino a quando abbiamo provato a risalire alla fonte originale che avrebbe per prima riportato che Benjamin Netanyahu sarebbe rimasto ferito dalla risposta degli Houthi.
Si tratta di un canale di informazione del Kuwait, Tolkarem News, che ha riportato che i missili sono andati a segno, una circostanza che apparentemente qualche media israeliano avrebbe confermato pubblicando la notizia, prima che qualcuno mandasse ordini perentori a queste testate che avrebbero prontamente ritirato la storia.
Il canale Telegram in questione conferma invece quanto accaduto e cita una sua fonte interna all’ospedale Sourasky di Tel Aviv, secondo la quale Netanyahu ieri sarebbe stato ricoverato qui in gravissime condizioni tanto da farlo pronunciare come “clinicamente morto”, il che significa che il suo cuore avrebbe smesso di battere, e che il premier sarebbe “vivo” soltanto perché attaccato alle macchine.
L’ospedale Sourasky di Tel Aviv dove sarebbe stato ricoverato Netanyahu
Non abbiamo ancora ricevuto nessuna conferma al riguardo. I media israeliani hanno probabilmente ricevuto ordine di silenzio assoluto e quelli Occidentali, non differentemente, dai primi hanno calato la stessa coltre di omertà su quanto eventualmente accaduto al leader del partito del Likud.
E’ certamente anomalo che Netanyahu stesso non abbia smentito questa notizia, se falsa, così come non hanno detto nulla fino ad ora, gli uomini del suo governo o quelli più vicini al suo entourage politico.
Se davvero gli Houthi fossero riusciti ad uccidere il capo del governo israeliano, saremmo di fronte ad un fatto di enormi proporzioni storiche.
A volte, anzi spesso purtroppo, alcuni osservatori sono affetti da una certa superficialità nel commentare le notizie che riguardano Israele e sono portati a descrivere questo stato come una sorta di entità invincibile.
Non si fa un’analisi seria , a nostro avviso, sul mutato contesto storico. Non si prende in esame il fatto, ad esempio, che Israele se è riuscita ad occupare la Palestina e a far scoppiare almeno quattro guerre su procura negli ultimi 20 anni, tra le quali ci sono indubbiamente quelle in Afghanistan, Iraq, Libia e Siria, lo ha fatto per via del controllo assoluto che questo stato è riuscito ad avere sull’esercito del mondo, ovvero gli Stati Uniti d’America.
Soltanto il controllo di questa superpotenza ha consentito al sionismo di mettere a ferro e fuoco il Medio Oriente alla ricerca del folle dominio di espansione della Grande Israele e soltanto il dollaro, l’arma finanziaria di Washington, ha consentito di scatenare una guerra economica a colpi di sanzioni contro chiunque si fosse dissociato da quello che era chiamato il Washington consensus, che altro non era che il volere del mondo sionista ed ebraico che controllava la presidenza degli Stati Uniti e il Congresso americano.
E per saperne di più sulle sorti occorse a coloro che hanno “osato” opporsi agli Stati Uniti, si può chiedere qualcosa alla Russia, all’Iran e al Venezuela, seppelliti di sanzioni perché i leader di tali Paesi non avevano e non hanno intenzione alcuna di assecondare i desideri imperialistici di Israele e della NATO né tantomeno hanno alcuna intenzione di inchinarsi al Nuovo Ordine Mondiale che dovrebbe sorgere dopo il “trionfo” dello stato ebraico.
Ciò però non esiste più. Questo stato dell’arte è venuto del tutto meno da quanto è iniziata l’era di Trump che ha spostato l’asse americano da quello dell’impero a quello della difesa degli interessi nazionali, e nonostante i consueti depistaggi di alcuni falsi controinformatori, è del tutto evidente che Donald Trump non è al servizio del sionismo data la sua politica di disimpegno dal Medio Oriente e considerati anche i molteplici attentati contro la sua vita da parte degli ambienti sionisti di BlackRock.
La Grande Israele: il folle “sogno” sionista impossibile
Alcuni, come il filosofo Dugin, che noi non riteniamo vicino alla tradizione, considerata la sua formazione evoliana e guenoniana, entrambe ostili al cattolicesimo tradizionalista, nonostante le chiare e mutate condizioni internazionali si sono precipitati nel dire che dopo l’omicidio di Nasrallah che la venuta del cosiddetto “moschiach” ebraico, l’Anticristo sarebbe più alle porte che mai, quando invece appare evidente che essa è più lontana che mai.
Gli interi eventi geopolitici infatti non ci stanno dicendo che andiamo verso una concentrazione del potere a livello mondiale e verso una espansione dello stato ebraico, ma ci troviamo di fronte invece a due scenari radicalmente opposti.
Siamo entrati in una fase di deglobalizzazione che sta riportando sulla scena degli eventi internazionali un protagonista che era stato ucciso dalla globalizzazione, ovvero lo Stato nazionale che dopo la seconda guerra mondiale ha visto sempre di più l’esautoramento delle sue tradizionali prerogative politiche a tutto vantaggio di quei conglomerati transnazionali finanziari che sono stati i veri padroni dell’900 e che trovano i loro rappresentanti locali nei vari circoli massonici.
Nemmeno è possibile affermare che Israele stia effettivamente avendo successo nel suo piano di espansione messianica che vorrebbe aprire la strada alla Grande Israele, annettere gli Stati limitrofi, come si vorrebbe fare con il Libano, e inaugurare così l’era del moschiach e del suo “regno” nel ricostruito tempio di Gerusalemme.
Il piano di espansione israeliano della Grande Israele
L’impero israeliano resta un miraggio per i suoi seguaci senza il sostegno di una forza armata in grado di sconfiggere i vicini arabi per costringerli alla resa.
Quella alla quale si assiste è una reazione isterica, rabbiosa e violenta di Israele che vuole forzare a tutti i costi uno scenario di dominio che non è più possibile attuare, a dimostrazione che nella leadership di questo Paese c’è un distaccamento completo con la realtà, e domina invece quella febbre assassina della quale si diceva al principio di questo scritto.
Israele vuole colpire tutto e tutti, ma gli altri non se ne stanno certo con le mani in mano come forse crede Israele stessa i suoi ultimi sodali in Europa Occidentali.
Nella notte di sabato, sono arrivati una pioggia di droni e missili da Yemen, Iraq e Libano che hanno creato non pochi problemi anche se Israele si dà sempre un gran da fare per nascondere le notizie dei suoi morti, per non trasmettere una immagine di debolezza e far vedere che sotto le sue fondamenta lo stato ebraico ha delle sabbie mobili nelle quali stanno sprofondando i suoi stessi leader.
Adesso attendiamo di conoscere le sorti di Netanyahu e noi pensiamo che se la notizia di un suo grave ferimento fosse confermata così come quella di una sua morte clinica, la leadership del Likud si adopererebbe per cercare di nascondere quanto accaduto, anche probabilmente avvalendosi per un breve periodo della intelligenza artificiale, vero nemico del presente e del futuro, in attesa di trovare una soluzione ad una grave situazione di stallo che, se confermata, dovrebbe portare nuovamente il Paese alle elezioni.
Il mistero poi, ieri, se possibile, si è infittito ancora di più. Sul profilo X di Netanyahu è comparso un video nel quale lui annuncia l’ingresso del ministro Sa’ar nel suo governo, ma la notizia, come si può, vedere è del 16 settembre, non del 29, e allora ci si chiede se quel video sia effettivamente di ieri,e non pre-registrato, come quello del 28 nel quale Netanyahu rivendica l’attentato contro Nasrallah.
Quest’ultimo è certamente stato registrato prima poiché sabato 28 era previsto un incontro con la stampa del primo ministro israeliano che non è invece avvenuto.
All’aeroporto di Tel Aviv, luogo dell’attacco dei missili Houthi, la situazione non sembra al momento ancora essere ritornata alla normalità.
Gli aerei che sono destinati verso Tel Aviv quando arrivano nei pressi della capitale israeliana fanno rotta altrove e nell’aeroporto ci sono soltanto pochissimi aerei.
L’aeroporto di Tel Aviv ieri era si presentava così. Un solo volo, in uscita.
La struttura sembra fantasma, non funzionante, ma le autorità israeliane si guardano bene dal fare alcun annuncio ufficiale.
E’ del tutto evidente che in tale contesto di incertezza sulla stabilità del governo Netanyahu e sulle sue effettive condizioni di salute, una eventuale crisi dell’esecutivo e il consequenziale ritorno alle urne potrebbero cambiare completamente gli equilibri politici del Paese.
Molti israeliani sono alquanto stufi della guerra permanente nella quale si trovano. Del resto, chi vorrebbe andare a vivere in un territorio occupato e con il rischio che ogni giorni gli piombi in testa un missile, se non gli esagitati seguaci del sionismo messianico che iniziano ad essere sempre di meno?
C’è una larga parte di israeliani che è completamente secolarizzata, senza alcun “valore” religioso in testa, e questi israeliani possono essere definiti a pieno i figli dell’internazionalismo ebraico di Soros e del leader della sinistra progressista di Israele, Yitzhak Rabin, ucciso nel 1995 in circostanze mai del tutto chiarite e con forti sospetti di una partecipazione dei servizi segreti israeliani nel suo omicidio.
Rabin voleva mettere fine al conflitto poiché era separato e distaccato da questa visione imperialistica del sionismo ma invece credeva molto di più ad una supremazia dei centri di potere internazionali rispetto agli Stati nazionali e alla stessa Israele.
Rabin era secolare, vicino al mondo LGBT e sarebbe piaciuto moltissimo a personaggi come Elly Schlein per dare qualche coordinata più contemporanea ai nostri lettori e per metterli in guardia dal considerare un alleato della tradizione chi non lo è, quando in realtà ci troviamo di fronte a divergenze e faide tutte intestine alle varie anime dell’ebraismo.
E’ quindi evidenentemente impossibile in un contesto così frammentato e debole per lo stato ebraico arrivare alla destinazione finale per la quale esso è stato concepito, la Grande Israele e la ricostruzione del Tempio,e qualsiasi tentativo di voler forzare la mano della storia e soprattutto della Provvidenza, diremmo noi, non farà altro che accelerare la crisi di questa entità sionista calata dall’alto del denaro dei Rothschild in Palestina.
Israele non impara, tra l’altro, nemmeno la lezione della storia. Lo stato ebraico ha già ricevuto una sonora lezione in passato, nel 2006, quando invase il Libano per sconfiggere Hezbollah che invece diede una sonora lezione all’esercito israeliano, e allora alla Casa Bianca c’era il movimento sionista neocon di Bush mentre ora a Washington non ci sono più gli alleati di un tempo.
Il sionismo dunque rifiuta di comprendere che esso non è Dio e che Dio non si sostituisce. E’ lo stesso identico peccato di Lucifero che cadde dal Cielo, e se lo stato ebraico si ostina a seguire questa strada, non potrà che seguire la stessa sorte.