La fase del conflitto russo-ucraino cominciata nel febbraio del 2022 avrebbe potuto risolversi nelle prime settimane dell’inizio delle ostilità grazie alle trattative avviate prima in Bielorussia e successivamente in Turchia, se alcuni Paesi occidentali, in primis gli USA, non si fossero messi di traverso impedendo di fatto una risoluzione diplomatica delle controversie. A rivelarlo è stato in un’intervista il sottosegretario di Stato per gli affari politici americani fino allo scorso marzo, Victoria Nuland, dopo che già nei mesi precedenti importanti rappresentanti politici avevano sostenuto una versione dei fatti simile. Un articolo dell’autorevole rivista statunitense Foreign Affairs, dedicata alle relazioni internazionali e curata dal Council on Foreign Relations, ha spiegato nel dettaglio cosa prevedeva una bozze di accordo redatta dalle due parti belligeranti nei primi mesi di guerra, adducendo il fallimento delle trattative a una serie di fattori, tra cui le presunte atrocità commesse dalle forze russe nei sobborghi di Kiev, di Bucha e Irpin; la promessa di sostegno bellico e finanziario occidentale e la crescente convinzione del presidente ucraino Zelensky di poter sconfiggere Putin sul campo di battaglia. A smentire queste spiegazioni però, ci sono le recenti dichiarazioni della Nuland, secondo la quale le trattative fallirono per questioni meramente strategico-militari secondo la volontà di Washington e degli alleati occidentali.

In sintesi, nell’incontro del 29 marzo 2022 a Istambul, russi e ucraini erano sul punto di raggiungere un compromesso con un testo redatto dagli ucraini e accettato provvisoriamente dai russi come possibile base di un accordo: nel testo era previsto che Kiev avrebbe rinunciato all’adesione alla NATO, diventando uno Stato permanentemente neutrale e senza armi nucleari. Malgrado la neutralità, l’Ucraina avrebbe potuto avvicinarsi alla Ue, in quanto non erano previsti divieti espliciti al suo ingresso nell’Unione. Inoltre, le due parti si sarebbero impegnate a risolvere pacificamente la disputa sulla Crimea nei successivi quindici anni. I garanti dell’intesa sarebbero stati i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (inclusa la Russia) insieme a Canada, Germania, Israele, Italia, Polonia e Turchia. Tuttavia, secondo le dichiarazioni di Victoria Nuland, quell’accordo non vide la luce a causa delle ingerenze statunitensi e britanniche: «In quel periodo l’Ucraina ci avevo chiesto suggerimenti sull’andamento di queste trattative. E divenne chiaro per noi, così come per i britannici, che le principali condizioni poste da Putin erano inserite in un allegato a questo documento e includevano limiti a precisi tipi di sistema di armamenti che l’Ucraina avrebbe dovuto avere dopo l’accordo. Questo avrebbe sostanzialmente ucciso le forze armate ucraine», ha dichiarato la diplomatica americana in un’intervista.

La questione ruoterebbe, dunque, intorno alle strategie occidentali per l’Ucraina. La Nuland è nota per avere in passato preso parte ad azioni che hanno destabilizzato la politica ucraina, in particolare con la “rivoluzione di Maidan” del 2014, quando era assistente del Segretario di Stato per gli affari europei e eurasiatici. Allora, Nuland aveva fatto pressione sull’ex presidente ucraino Viktor Janukovic perché accettasse un accordo di libero scambio con l’UE; successivamente è stata fotografata in piazza Maidan durante i disordini del 2014 mentre distribuiva del cibo ai manifestanti. In seguito al golpe che ha portato alla cacciata di Janukovic, inoltre, è diventata virale la registrazione di una telefonata in cui la diplomatica americana parlava con l’ambasciatore USA a Kiev circa chi avrebbe dovuto sostituire Janukovic tra i rappresentanti dell’opposizione: alla dichiarazione dell’ambasciatore, secondo cui sul punto avrebbero dovuto consultare anche i capi europei, la Nuland rispose con la celebre frase “fuck the UE” (“l’UE si fotta”), cosa che ha suscitato l’imbarazzo dimesso delle cancellerie europee. Moglie del politologo neoconservatore Robert Kagan, cofondatore del Progetto per un nuovo secolo americano (Project for the New American Century), è membro del Council on Foreign Relations, la Nuland è considerata un falco antirusso, protagonista delle vicende che hanno preceduto i disordini di Maidan e presente a Kiev in quegli stessi giorni, ben informata sul quadro geopolitico eurasiatico e russo in particolare.

Le sue ultime dichiarazioni rivelano le determinanti influenze di Washington e Londra nel sabotare le trattative del 2022, così come i preponderanti interessi che la sfera anglo-americana ha in Ucraina, smentendo allo stesso tempo l’ipotesi che a far fallire i negoziati siano stati i crimini di guerra russi, in molti casi smentiti da indagini e testimonianze successive. Sebbene la stampa occidentale continui a negare che l’Occidente abbia avuto un ruolo nell’influenzare i negoziati, le affermazioni della Nuland sembrerebbero suggerire che USA e Gran Bretagna non abbiano voluto un’Ucraina neutrale, scegliendo piuttosto di continuare a utilizzare il Paese est europeo come “bastione” antirusso.

[di Giorgia Audiello]

fonte

Di the milaner

foglio informativo indipendente del giornale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.