di Cesare Sacchetti
E’ sembrato di vedere un film già visto. Un film particolarmente mediocre e alquanto prevedibile nella sua sceneggiatura.
Ieri si è affacciato uno dei vecchi ruderi di Alleanza Nazionale, il partito che Fini traghettò verso i lidi di Israele e della famiglia Rothschild, ovvero Alfredo Mantovano che ha scoperto quelle poche e perdenti carte che ha in mano questa classe politica.
Mantovano ha detto espressamente che teme un’ondata astensionista il prossimo 9 giugno e ha già individuato il “colpevole”: la Russia.
Quello di accusare la Russia per i fallimenti delle democrazie liberali Occidentali è un vecchio e triste adagio di questa classe politica e dei media mainstream, cassa di risonanza della propaganda sionista e liberale.
I precedenti delle fantomatiche “intromissioni” russe
Si iniziò già nel 2016 quando i media allestirono una massiccia campagna disinformativa tutta volta a far credere che Donald Trump fosse un uomo gestito da Putin.
Era la bufala, o meglio golpe, del Russiagate che è noto anche con il termine Spygate in quanto alla fine si trattò di una elaborata operazione di spionaggio internazionale che ha visto la partecipazione diretta dell’amministrazione Obama, assistito, secondo diverse fonti, dall’allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi, oggi entrato nel tramonto della sua artificiale “carriera” politica, l’FBI, e, secondo quanto dichiarato dall’ing. Occhionero, diversi elementi della polizia postale italiana.
Negli anni successivi, si è visto un secondo capitolo della montatura russa, ed era quello, forse molti lo ricorderanno, dei famigerati “bot filorussi” su Twitter che attaccavano Mattarella per il suo rifiuto, palesemente incostituzionale e molto oltre il perimetro assegnato al Capo dello Stato, di nominare Paolo Savona come ministro dell’Economia.
All’epoca il Quirinale fece trapelare la notizia che si stavano persino catalogando, o forse dovremmo dire schedando, quei cosiddetti “bot” che accusavano Mattarella di essere venuto ai suoi doveri presidenziali.
In realtà, non esisteva nessun bot filorusso poiché quelli che allora scrivevano su Twitter in quel periodo non erano altro che tutti quei cittadini, italiani e non di certo stranieri, che mostravano delle legittime preoccupazioni per un atto incostituzionale e una grave intromissione politica commessa da Sergio Mattarella che arrivò a mettere il veto su un ministro sulla base di presunti timori per un’uscita dall’euro.
Il Capo dello Stato non deve preoccuparsi se il Paese esce o meno dall’euro. Non è suo compito. La politica estera e monetaria del Paese spetta al governo e soltanto questo ha la facoltà di decidere quale sia la via migliore per gli interessi nazionali.
Il presidente della Repubblica non ha il diritto né tantomeno un immaginario dovere di dire al governo ciò che deve o non deve fare riguardo a quelle che sono sue esclusive prerogative.
Questo però non deve, purtroppo, destare sorpresa. La repubblica dell’anglosfera si è da tempo addentrata nel territorio dell’illegalità più spinta, soprattutto dall’infausto 1992 in poi, quando un manipolo di magistrati, sotto l’egida di Washington, spazzava via a colpi di inchieste mirate una intera classe politica, con la sola eccezione del nuovo PCI che nel frattempo aveva indossato i panni del “democratico” PDS, in un passaggio che era stato preparatamente accurato da Giorgio Napolitano negli anni precedenti durante i suoi viaggi in America presso l”amico” Kissinger, eminenza grigia del gruppo Bilderberg e del club di Roma.
Da allora, il presidente della Repubblica si è impossessato di un potere che non era il suo e quando nuovamente Napolitano, sponda fondamentale dei poteri nemici dell’Italia, si adoperava per sostituire Silvio Berlusconi, che ovviamente non fece resistenza, con Mario Monti, altro uomo del Bilderberg e della Trilaterale, l’Italia diventò de factouna repubblica presidenziale dove il capo dello Stato non gode nemmeno della legittimazione popolare.
Non è stato eletto dal popolo nessuno dei capi di Stato che dal 1992 in poi hanno deciso di violare il mandato dei loro doveri costituzionali, e questo ha provocato un grave vulnus in un sistema che già aveva le sue fragilità prima di Mani Pulite e che dopo quella rivoluzione colorata si sono soltanto ulteriormente esacerbate.
Ora vediamo che i vari peones, perché di questo si tratta, di questa disgraziata classe politica erede del golpe di 30 anni prima teme moltissimo la disfatta finale.
La temevano già nel 2022 quando alle politiche si lanciò una campagna per spingere le persone al voto alla quale parteciparono moltissimi falsi oppositori candidati proprio per alzare l’asticella della partecipazione.
I nomi ormai sono noti a tutti. Sono Gianluigi Paragone, che votò le restrizioni, Toscano, già segretario del massone Magaldi che ha indossato varie maschere politiche nel corso degli anni, Sara Cunial, che fece un partito di chiara ispirazione new ageana, e tutti coloro che si erano candidati in quelle liste.
I risultati furono scarsi. Soltanto un 60% di votanti effettivi, se si includono le schede bianche, ma stavolta alle europee potrebbe essere davvero un colpo di grazia nei confronti di questo agonizzante sistema.
Il popolo ha compreso l’inganno della democrazia liberale
Si consideri questo dato. 5 anni fa, nel 2019, la partecipazione alle europee fu di un misero 54% e la situazione, seppur grave, non era ancora precipitata.
Non c’era stata l’operazione terroristica del coronavirus, non c’erano state le restrizioni e non c’erano stati gli obblighi vaccinali che tante morti stanno causando in questi mesi.
Non c’era stato, in sintesi, quel tentativo sistemico, feroce e costante di mettere in ginocchio una nazione, di ridurre la sua popolazione e di ridurre di fatto in schiavi depensanti coloro che sarebbero sopravvissuti.
Il Grande Reset altro non era che un vasto e arido deserto di valori. Non c’era la tradizione cattolica che ha permesso a questo Paese di essere il faro d’Europa e del mondo, e non c’era di conseguenza nessuna traccia di umanità tanto da portare, nel momento più buio di quel periodo, a rendere delatori i cittadini e a diventare utili idioti al servizio della tirannia che stava trascinando tutti nel baratro.
Dopo il momento più buio è iniziato un progressivo risveglio. Molti hanno visto che se c’erano dei vincitori nel mondo di Davos, quelli non erano certo gli uomini comuni ma soltanto i pochissimi “eletti” che sedevano alla sommità di quel sistema di governo chiamato dai suoi adepti “Nuovo Ordine Mondiale”.
Molti hanno rialzato la testa. Un Paese intero sostenne i portuali di Trieste prima che quelle proteste furono uccise dall’infiltrato Stefano Puzzer che invitava tutti ad andare a casasulla base di una falsa velina che voleva immaginari facinorosi in arrivo per sabotare la resistenza triestina.
Tutto falso, come falsa era tutta la campagna di paura di quella falsa controinformazione che ha seminato un mare di depistaggi a sfondo terroristico che aveva un unico scopo: spezzare il morale delle persone e indurle a credere che il sistema era invincibile quando in realtà esso aveva sul suo muro enormi crepe.
Adesso c’è stato una sorta di risveglio collettivo. Gli italiani che hanno compreso che questo sistema di potere non offre loro nulla sono ormai larga, se non larghissima, maggioranza.
Persino “nei sondaggi istituzionali” trapela chiaramente il sentimento ostile alla NATO e all’Unione europea degli italiani, e possiamo pensare quanto tale sentimento sia diffuso in realtà poiché non è un segreto che tali sondaggi spesso cercano di sottostimare le tendenze a loro scomode e di gonfiare invece quelle che più aggradano questi poteri.
Se il risveglio non è completo e totale, si è veramente vicini a maggioranze amplissime. Gli italiani semplicemente hanno potuto toccare con mano che la democrazia liberale non è altro che un inganno.
Non aveva importanza in quale regione gli italiani si trovassero e quale amministrazione comunale o regionale ci fosse.
Ogni singolo appartenente ai partiti di questa classe politica si è mosso con il precipuo scopo di vessare gli italiani.
Il popolo semplicemente ha visto con i propri occhi che la democrazia liberale è come una roulette truccata.
Qualsiasi cosa si punti, alla fine vince sempre il banco. Le europee saranno un altro test per accertarsi della distanza siderale che separa i palazzi della politica dal popolo.
E i primi ad essere terrorizzati del probabile disastro in arrivo sono proprio loro. Sono gli inquilini di quei palazzi che sanno che il loro tempo sta per finire.
Sanno che non rappresentano già più nessuno se si considera che nelle elezioni amministrative il 50% più 1 dei votanti è una chimera.
Alle amministrative di città come Roma, Napoli e Milano si è rimasti ben distanti da tale soglia. Alle europee si prevede un altro flop soprattutto se si considera che le istituzioni comunitarie non hanno mai goduto di particolare simpatia, tantomeno in questa fase storica dove c’è un generale rifiuto del liberalismo.
L’astensionismo è come il sangue che esce dal corpo di un paziente moribondo. Quel paziente è la repubblica dell’anglosfera che sta appunto morendo dissanguata.
E’ nostra opinione che il voto non ha senso fino a quando non ci sarà una vera offerta politica che si proponga di rimuovere quel cadavere e di sostituirlo con qualcosa che abbia veramente a cuore gli interessi di questo Paese e che voglia una buona volta riportare in vita quei valori e quella tradizione che questo putrido e falso mondo liberal-progressista ha soffocato.
Al 25 aprile di quest’anno c’è stato un altro rilevantissimo segnale. Nessuno si è fatto vedere in piazza per festeggiare la festa della infamia e dell’occupazione che procede dal 1943 in poi.
Nessuno salvo i soliti noti, sempre di meno, nei panni dell’ANPI, della brigata ebraica e di pochi altri che quest’anno sono giunti pure a darsele di santa ragione tra di loro.
Quella è la immagine migliore di un sistema in disfacimento. Non solo il popolo si tiene distante dalle false celebrazioni della repubblica dell’anglosfera ma quelli che le celebrano arrivano persino a scannarsi tra di loro.
E’ effettivamente finita. Manca soltanto il certificato di morte di questa classe politica rimasta orfana della protezione dell’impero americano che ha abdicato, dopo Trump, al suo ruolo.
Gli italiani il 9 giugno hanno l’occasione di firmare la dichiarazione di morte di questi partiti.
Non sarà l’agitazione dell’immaginario spauracchio russo a salvare costoro.
Questa paura del sistema politico liberale lascia pensare che quello delle europee non sarà un voto.
Sarà un de profundis di questa classe politica.