Di Cesare Sacchetti
Negli Stati Uniti esiste una particolare procedura chiamata FOIA, un acronimo che sta a significare Freedom of Information Act, ovvero legge per la libertà di informazione.
Attraverso questa pratica legislativa è possibile chiedere alla pubblica amministrazione e al governo la declassificazione di alcuni documenti che riguardano questioni di interesse pubblico.
Ovviamente il governo americano quando decise di istituire questa procedura sotto la presidenza di Lyndon Jonhson, colui che prese il posto di Kennedy verso il quale nutriva un profondo disprezzo, non pubblica di certo i documenti che potrebbero portare all’incriminazione dei suoi presidenti e che riguardano gli scandali più scottanti, ma di quando in quando il FOIA si rivela comunque utile per far emergere qualche verità.
I documenti declassificati e l’incontro contro Trump
Questo è uno di quei casi. Il giornalista investigativo Yehuda Miller ha presentato una richiesta di declassificazione dei documenti che riguardano le elezioni del 3 novembre del 2020.
Quelle elezioni sono state probabilmente il più grosso caso di frode elettorale mai vista nella storia, non brillante, delle democrazie liberali Occidentali.
In quella notte, e probabilmente molti lettori già lo ricorderanno, si mise in moto un tremendo meccanismo che scippò a Donald Trump una facile vittoria contro il candidato democratico, Joe Biden.
Nel corso della notte dello spoglio elettorale, comparvero dal nulla decine di migliaia di voti postali che, “stranamente”, vennero tutti assegnati a Joe Biden.
Verso l’alba italiana, il conteggio in alcuni stati dove Trump aveva vinto senza troppo patemi, quali ad esempio il Wisconsin e la Pennsylvania, da sempre stato chiave per la vittoria alle presidenziali americane, ha iniziato a interrompersi e a spostarsi sempre più lentamente e inspiegabilmente a tutto vantaggio dello sfidante del presidente in carica.
Iniziarono persino a comparire nei registri elettorali nomi di elettori che erano deceduti anni prima che risorti dalla tomba avevano deciso di dare il loro voto a Joe Biden.
Era la macchina della sovversione dello stato profondo di Washington della quale abbiamo parlato in diverse occasioni e alla quale diede un contributo decisivo anche lo stato profondo italiano come si ricorderà successivamente.
Miller è riuscito ad avere attraverso il FOIA la prova di un incontro di alto livello tra diversi esponenti dei protagonisti che poi sono stati accusati di aver avuto un ruolo chiave nella massiccia frode elettorale.
Il 3 novembre si sono riuniti infatti circa 200 esponenti di grosse corporation quali Amazon, Microsoft e Dominion.
Dominion e i suoi legami con il partito democratico
Quest’ultimo nome in particolare probabilmente già è noto a chi ci segue, poiché questa è la società che ha gestito il conteggio dei voti in molti stati americani e che è stata accusata di aver spostato con i suoi server milioni di voti a favore, ancora una volta, di Joe Biden.
A questo incontro, organizzato dalla CISA, l’agenzia per la sicurezza cibernetica americana, c’era il rappresentante di Dominion, Eric Coomer, che da allora in poi risulta irreperibile.
Dominion è una società canadese esperta nella produzione di programmi informatici per il conteggio dei voti, e vanta degli stretti legami con il partito democratico. Una delle sue società sussidiarie è la Smarmatic presieduta da Mark Malloch Brown.
Malloch Brown è uno dei membri più noti della fondazione di Soros, la Open Society, già accusata da diversi governanti in ogni parte del mondo di agire per ingerire negli affari esteri dei vari Paesi.
I legami di Dominion con i democratici non sono finiti qui. Uno dei suoi lobbisti di punta, Nadeam Elshami, ha fatto parte dello staff di Nancy Pelosi, ex presidente della Camera dei Rappresentanti, che prima delle elezioni dichiarò che indipendentemente dal risultato, Donald Trump non sarebbe mai entrato alla Casa Bianca.
La Pelosi evidentemente sapeva molto bene il tipo di golpe che si era messo in moto contro il presidente americano.
Un golpe che però non è stato limitato solamente al massiccio coinvolgimento di tutte le più influenti multinazionali americane e dei personaggi più noti del partito democratico, quali la già citata Pelosi e i sempre presenti coniugi Clinton.
Il colpo di Stato ha avuto una portata internazionale con il coinvolgimento multiplo di diversi governi stranieri.
Dominion infatti non avrebbe attuato da sola la frode elettorale della quale è stata accusata.
Il ruolo dei governi stranieri e dell’Italia nella frode contro Trump
Dominion avrebbe ricevuto il decisivo contributo di altri governi, soprattutto qui in Europa. Il primo a chiamare in causa un governo straniero è stato il generale americano Thomas McInerney che ha esplicitamente detto che la società canadese custodiva i suoi server a Francoforte, in una stazione della CIA, laddove ci sarebbe stata una furiosa battaglia tra i mercenari di Blackwater utilizzati da Washington in Afghanistan e militari invece fedeli al presidente in carica.
Una vera e propria guerra civile nel cuore delle istituzioni americane con una fazione infedele e senza scrupoli ed un’altra invece che sta combattendo da anni quel governo parallelo composto da lobby e cartelli finanziari che ha controllato l’America per molti decenni.
La Germania però non sarebbe stato l’unico Paese coinvolto. Ad aver avuto un ruolo altrettanto di rilievo sarebbe stata la Svizzera in base alle rivelazioni fatte dall’attivista e regista americano Neal Sutz, e soprattutto il governo italiano, presieduto all’epoca da Giuseppe Conte, assieme a Leonardo.
Il primo a chiamare in causa l’Italia e le sue istituzioni fu l’ex agente della CIA, Bradley Johnson, che nel mese di dicembre 2020 chiamò esplicitamente in causa la società partecipata dal ministero dell’Economia, accusandola di aver assistito Dominion nello spostamento dei voti da Trump a Biden attraverso uno dei suoi satelliti.
E’ una storia che abbiamo raccontato per primi già all’epocae della quale abbiamo seguito le successive evoluzioni, così come abbiamo avuto modo di denunciare tutti i tentativi di depistaggio eseguiti da personaggi quali Maria Zack e altri emissari della politica italiana e dei suoi servizi di intelligence.
Ora i documenti pubblicati da Miller sembrano essere la perfetta chiusura del cerchio. Il fatto che il giorno stesso nel quale si tenevano le elezioni americane si teneva un incontro di alto livello tra coloro che sono stati accusati di aver partecipato alla frode ai danni di Trump è un’ulteriore prova della massiccia cospirazione che c’è stata contro il presidente americano.
E questo incontro sembra coincidere perfettamente con quanto raccontato dalla nota rivista americana, Time, che in un suo articolo raccontò di come tutte le più importanti corporation degli Stati Uniti avevano lanciato una massiccia “campagna ombra” per rovesciare il risultato delle elezioni a colpi di voti postali, con l’unica distinzione che il Time definisce “salvataggio delle democrazia” quello che invece è stato un colpo di Stato elettorale.
Nel 2020, i vari esponenti della rete di società e fondazioni liberal – progressiste, quali la famigerata Planned Parenthood, leader degli aborti negli Stati Uniti, Greenpeace e MoveOn, soltanto per citarne alcune, si riunivano su Zoom e pianificavano la loro strategia per rovesciare, illegalmente, l’esito del voto negli Stati Uniti.
I Rothschild provano nuovamente a fermare Trump
E gli incontri sono proseguiti anche dopo la frode quando nel 2021 Lynn de Rothschild, sposata assieme al potente banchiere Evelyn, morto nel 2022 e già editore dell’Economist, chiamava a raccolta altri 100 dirigenti di grosse società quali l’amministratore delegato di Walmart, Scott Kirby, ad della United Airlines, Mary Barra della General Motors e molti altri.
La moglie di Rothschild in questo caso era alquanto allarmata poiché i vari stati americani stavano cambiando le loro leggi per restringere l’utilizzo del voto postale, e comprimendo in questo modo la possibilità di una frode attraverso questo sistema.
La famiglia più potente e più ricca al mondo era preoccupata perché stava completamente perdendo il controllo della prima superpotenza americana.
La frode, poi, non sembra aver raggiunto nemmeno il suo intento. Joe Biden continua a compiere una interminabile serie di gaffe, l’ultima delle quali lo ha visto scambiare Macron con Mitterand, morto diversi anni fa.
Il New York Times ha persino scritto che sarebbe necessario evitare una sua ricandidatura a dimostrazione che coloro che hanno organizzato la frode elettorale nel 2020 non sono mai stati in controllo di un’amministrazione presidenziale che non ha ripristinato il precedente status quo nel quale gli Stati Uniti erano a guardia dell’impero e del disegno globalista.
La pubblicazione di questi documenti sembra essere soltanto un primo passo. Nei prossimi giorni sono attese altre carte che dovrebbero mostrare ulteriori prove della frode.
Se verrà mostrato il coinvolgimento degli attori che negli Stati Uniti hanno messo in atto un colpo di Stato contro il loro presidente, ci si può aspettare ragionevolmente che vengano pubblicate altre prove sul coinvolgimento dello stato profondo italiano in un attacco senza precedenti da parte delle istituzioni governative italiane alla sovranità degli Stati Uniti.
E questa prospettiva non rassicura affatto i vari peones presenti in Parlamento e a palazzo Chigi.
Al contrario, li tormenta da tempo e li terrorizza perché quello che è stato per lunghi anni la garanzia del loro potere, ovvero l’esistenza del blocco Euro-Atlantico, sta per finire.
Novembre si avvicina e il ritorno ufficiale di Trump è un qualcosa che molti nei palazzi del potere in Italia che vorrebbero evitare a tutti i costi.