di Cesare Sacchetti

FONTE

Esercizio provvisorio sono due parole che generalmente dovrebbero suscitare non pochi timori quando vengono pronunciate di questo periodo.

Per chi non fosse avvezzo alle tecnicalità di bilancio, si tratta di una situazione nella quale il governo di turno si trova di fronte alla possibilità di non approvare la sua manovra in tempo entro la fine dell’anno.

Quando ciò si verifica la spesa complessiva prevista nella manovra viene divisa per 12, come i mesi dell’anno, e in ogni mese si può utilizzare appunto un dodicesimo dei fondi previsti nella manovra.

Quando questo accade, è evidente che il governo di turno si trova in una situazione di affanno e di crisi della sua maggioranza, e sulla carta i numeri del governo Meloni dovrebbero scongiurare una simile ipotesi.

Il governo attuale dispone di una maggioranza di circa 235 deputati alla Camera, quando la soglia minima è di 201 dopo l’infausta riduzione del numero dei parlamentari, e di 115 senatori quando il numero minimo qui è fissato invece a quota 103 senatori.

Eppure questa possibilità si sta profilando sempre di più poichè il governo ha cambiato la sua manovra e ora i tempi per l’approvazione entro dicembre appaiono alquanto serrati.

Il governo Meloni ha riscritto alcune parti della manovra in particolare quella che riguarda i tagli sulle pensioni dei dipendenti pubblici.

Adesso è la terza volta che la conferenza dei capigruppo rinvia la discussione in Senato, e la maggioranza di centrodestra al Senato dovrà guardare con attenzione il calendario se non vuole incorrere nel rischio di vedersi umiliata dall’ingresso dell’esercizio provvisorio.

Non pare però essere una questione di mera aritmetica l’approvazione di questa manovra, quanto una che appartiene più propriamente al campo della politica.

Quando alcuni esponenti del mondo delle imprese si sono recati alla Camera per discutere di questi provvedimenti di bilancio chiedendo un significativo aumento della spesa pubblica, e non una manovra che stia negli ormai strettissimi parametri europei, questi hanno raccontato che i deputati del centrodestra non si sono fatti nemmeno trovare.

La situazione di palazzo Chigi e di Montecitorio sembra essere pressoché la stessa nella quale versa tutta la politica italiana dallo scorso luglio del 2022 quando cadde il governo Draghi.

Sembra esserci un vuoto politico che nessuno vuole o può riempire perché l’esecutivo Draghi composto da un premier tecnico che assolveva alle funzioni di garante, o meglio di parafulmine, della politica italiana ha lasciato tutto il sistema politico dell’Italia fluttuante.

Non c’è nessuno che da allora in poi sia stato in grado di riempire tale vuoto e di proseguire l’agenda imposta dalle istituzioni sovranazionali soprattutto perché dalla fine della farsa pandemica è subentrato un elemento nuovo, completamente non previsto dai partiti attuali che hanno fatto di tutto per vessare il popolo italiano e compiacere i loro referenti d’Oltralpe.

L’elemento nuovo è che tutti nei palazzi del potere erano piuttosto convinti che la società del Grande Reset sarebbe arrivata alla sua ultima manifestazione, e che il residuo spazio di sovranità nazionale in mano all’Italia si dissolvesse del tutto per lasciare il posto alla tanto agognata governance globale centrale.

La politica in tale processo si sarebbe liquefatta completamente fino a consegnare tutto il potere a questa vasta tecnocrazia transnazionale nella quale il capitale finanziario e le istituzioni globali da esso dominate avrebbero avuto un potere ancora più enorme rispetto agli Stati nazionali.

Il fallimento di Davos ha innescato la crisi della politica italiana

L’intero piano però dipendeva dalla riuscita della farsa pandemica ed è per questo che ancora oggi vediamo delle vedove inconsolabili di quella operazione terroristica.

È ancora per questo che ogni tanto sentiamo parlare di nuove “pandemie” o di nuovi agenti patogeni della Cina in quello che assomiglia ad un eterno ritorno uguale delle stesse psy-op dell’establishment italiano ed europeo che ogni volta rovista nell’archivio delle sue montature mediatiche e ogni volta riceve la stessa cocente delusione.

Ogni qualvolta si prova a parlare di nuova “pandemia” o di nuovi virus, più o meno reali, giungono subito rapide smentite dall’altra parte, Cina in questo caso, che qualcosa del genere stia accadendo.

Le condizioni del 2020 sono irripetibili. Non si possono ricreare a meno che non ci sia uno sforzo congiunto globale dei vari governi nel mondo che vadano tutti nella stessa direzione.

Non appena però gli attori principali, la Russia, la Cina e gli altri Paesi BRICS, e persino gli Stati Uniti – che non hanno cambiato sostanzialmente direzione dopo la nascita della virtuale amministrazione Biden – si sono opposti, qualsiasi tentativo di ricreare una falsa emergenza globale è divenuto di conseguenza semplicemente impossibile.

Ora, questa è una situazione che tormenta non poco i vari peones di Montecitorio e di palazzo Madama perché sono alquanto consci da quelle parti che questa legislatura è probabilmente l’ultima della Seconda Repubblica e di questa classe politica e forse proprio della Repubblica dell’anglosfera sorta dopo l’infamia di Cassibile.

Nessuno sa con certezza che cosa accadrà dopo, ma tutti sanno che in questo dopo non ci sarà più spazio per i personaggi politici che hanno eseguito questo enorme crimine contro l’Italia per conto di infidi personaggi quali Bill Gates, George Soros, David Rockefeller e molti altri.

La manovra sembra essere uno dei perfetti casus belli per avviare quella catena di eventi che da qui al 2024, ormai sempre più vicino, può portare alla definitiva dismissione di tutti i partiti che sono in Parlamento ora.

Qualcuno potrebbe pensare che i nostri sono pensieri che si fondano su una sorta di inguaribile “ottimismo” ma in realtà si tratta di considerazioni che attengono solamente al putrescente stato delle istituzioni politiche italiane.

Si guardi, ad esempio, a quanto accaduto negli ultimi tre anni. Il solo fatto che tutti i partiti abbiano lavorato alacremente per annientare la salute e la libertà degli italiani ha creato un incolmabile muro di diffidenza e disprezzo tra la politica e il popolo.

Non si era mai vista una distanza così abissale tra popolo e politica e non si erano mai visti dei livelli così elevati di astensionismo uscire dalle urne.

Il messaggio che stanno trasmettendo gli elettori è alquanto semplice. È un messaggio di rifiuto totale e inappellabile dell’offerta politica attuale.

Gli italiani vogliono una nuova classe dirigente e non sono nemmeno più disposti a dare il loro voto ai vari falsi oppositori di turno poiché ormai la foglia del gatekeeping è stata mangiata da un pezzo, e lo stato profondo italiano non può più sperare di creare oppositori di facciata nel suo laboratorio come accaduto per il M5S prima e per la Lega poi.

Appaiono grotteschi e parossistici i tentativi di proporre figure bruciate da un pezzo come Gianni Alemanno o peggio ancora del generale Vannacci al quale i media hanno fatto una enorme pubblicità proprio nel tentativo di accreditarlo come nuovo falso oppositore.

Tutto vano. La fiducia degli italiani tornerà ad essere concessa solamente a chi veramente si mostrerà essere disposto a mettere fine ad un sistema fondato sul potere di società segrete quali la massoneria e le sue succursali paramassoniche, quali i Rotary e i Lions.

Quando qualcuno toccherà i nodi del vero potere, allora gli italiani sapranno che è maturo il frutto di una nuova classe politica di patrioti e servitori dello Stato.

Se volgiamo lo sguardo al governo Meloni per dare una valutazione dello stato della politica italiana, i nostri ragionamenti si rafforzano.

Nemmeno troppo provocatoriamente rivolgiamo questa domanda: c’è veramente un governo? Ad oggi, è chiara la sensazione che non ci sia un esecutivo nel vero senso del termine che porti avanti un programma politico.

C’è un esecutivo che si affida a delle ammuffite tecniche di marketing politico per vendere successi che non esistono e che addirittura arrivano ad appropriarsi del nome di Enrico Mattei per sostenere di praticare una politica estera fondata sugli interessi nazionali, quando non esiste una vera politica estera in questo senso, ma solo una interminabile serie di viaggetti in giro per il mondo e di foto da reti sociali per far credere che ci sia quello che invece non c’è.

L’Italia è in un guado politico. La Meloni sin dal primo istante ha chiaramente rifiutato di assolvere alle funzioni di Draghi perché sa bene che le condizioni che garantivano l’esistenza di quella tecnocrazia mischiata ai partiti sono venute meno.

Lo stesso uomo del Britannia sembra lanciare degli appelli di SOS quando invita i poteri comunitari ad adoperarsi per dare vita al superstato europeo concepito dal suo primo architetto, il famigerato Conte Kalergi.

Non esistono però le condizioni per giungere ad una simile transizione. Oggi vediamo che gli Stati nazionali stanno riconquistando la sovranità che avevano prima avocato alle istituzioni sovranazionali. E’ la chiusura reale e definitiva del XX secolo e del secondo dopoguerra che aveva soppresso i poteri degli Stati nazionali.

Nessuno, in altre parole, oggi può più fare nulla per tenere in piedi questa baracca che scricchiola da tutte le parti.

Sono tutti sospesi. La macchina della storia si è messa in moto e chi proverà a mettersi sulla sua strada finirà schiacciato.

Non appena ci sarà il casus belli che porterà alla caduta di questo governo, il panico raggiungerà vette ancora più elevate perché sono tutti consapevoli che dopo la Meloni non c’è un suo sostituto.

Lo sanno anche i tecnici che si tengono tutti molto lontani da palazzo Chigi, consci che il tempo delle tecnocrazie è finito non appena è venuta meno l’architrave del globalismo che le sorreggeva.

Un abituale peone dei banchi di Montecitorio quale Carlo Calenda è stato il primo a dire che occorrerà fare del tutto per sorreggere la Meloni in caso di crisi del suo governo anche se la prima che ha scarsa voglia di restare a palazzo Chigi pare essere proprio lady Aspen che fino ad ora ha compiuto un record di viaggi all’estero superando di gran lunga i suoi predecessori per stare il più lontana possibile dalla sede del governo.

Questa situazione di vuoto politico e di rifiuto di governare non potrà durare e non potrà essere riempita dal marketing dei consiglieri della Meloni.

Vediamo che si cercano anche di montare dei casi per costruire altre false emergenze e rivitalizzare l’agenda liberal-progressista attraverso l’isteria femminista.

Lo abbiamo visto attraverso il caso Cecchettin ma la risposta dell’opinione pubblica italiana è stata accompagnata da indifferenza e spesso da ostilità.

A Padova, durante il funerale della giovane veneta è stato allestito un vero e proprio show e sono stati chiamati, come ci hanno confermato fonti del posto, eserciti di figuranti portati con i pullman per provare a vendere l’illusione che gli italiani siano stati commossi da questa storia.

Una storia che tra l’altro non è stata chiarita in molti dei suoi punti chiave e che abbiamo la sensazione potrà riservare delle sorprese prossimamente una volta venuto meno l’attuale sistema politico.

Non c’è nulla da fare dunque. Siamo nella fase dell’accanimento terapeutico. Siamo all’utilizzo di stratagemmi e montature mediatiche che nulla cambiano ciò che riguarda la situazione della politica italiana.

I problemi reali non andranno via e il 2024 sembra essere un anno realmente decisivo per provocare la caduta definitiva di un edificio, quello del sistema politico italiano, già pericolante da un pezzo.

L’orizzonte delle elezioni europee appare ancora lontanissimo e non potrà fare molto per arrestare questa crisi.

Al massimo potrà servire a distribuire qualche fondo ai vari partiti ma stavolta la torta per molti di essi sarà molto più piccola.

A questo poi deve considerarsi che la crisi delle istituzioni comunitarie appare altrettanto profonda e pensare che fuggire a Bruxelles possa mettere fine al processo storico in corso significa soltanto illudere sé stessi.

È infatti in crisi tutta l’impalcatura sulla quale si fonda il potere dell’UE e quello di conseguenza dell’establishment italiano.

È l’architettura tutta dell’anglosfera che si sta sbriciolando. Stanno crollando 80 anni di (dis) ordine liberale atlantico e questo non può portare alla fine di quei microsistemi che appartengono a questo macro-apparato geopolitico.

Ed ecco che tutti i partiti si ritrovano in questo guado. Noi pensiamo che sia arduo per questo esecutivo, e soprattutto, in queste condizioni superare la durata del governo Draghi, di 1 anno e 8 mesi, compreso il disbrigo degli affari correnti.

A noi appare evidente che basta un soffio o un movimento appena scomposto per far crollare questo governo e imprimere un’accelerazione definitiva alla crisi in corso.

Quando, e non se, questo accadrà, l’Italia entrerà in una fase nuova, e il 2024 sembra avere tutte le caratteristiche per compiere simile processo anche in vista delle presidenziali americane e del ritorno ufficiale di Trump alla Casa Bianca che sta tormentando i piani più alti del potere mondialista ormai in dismissione.

Siamo al tramonto di un’epoca storica e politica e siamo vicini all’alba di una nuova fase storica e politica.

È un passaggio fondamentale per l’Italia e per l’Europa che si spera siano in grado di trovare presto nuovi leader.

Dall’altra parte ci sono acque inesplorate ma appaiono molto più rassicuranti e soprattutto molto più terse delle paludi della liberal-democrazia in mano a massoni di vario rango e capibastone della mafia al servizio di questi.

Di the milaner

foglio informativo indipendente del giornale

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