Nauseata dalle storie miserabili dei nostri giorni che sempre più spesso coinvolgono le istituzioni malandate, ho colto al volo la notizia trovata in rete : ottant’anni fa, il 23 settembre del ’43, si sacrificò Salvo d’Acquisto, il carabiniere che a Palidoro, nel Lazio, offrì la sua vita ai tedeschi evitando l’eccidio per rappresaglia di 22 italiani.
Loro rimasero attoniti, ridevano e piangevano mentre venivano liberati e lui veniva ucciso, in camicia bianca e pantaloni di carabiniere.
D’Acquisto era napoletano, aveva combattuto in Africa. Ricordo che negli infuocati diverbi tra neofascisti, antifascisti e afascisti, era l’unica figura che metteva d’accordo tutti. Se si volesse davvero puntare dopo 80 anni, alla pacificazione, è a esempi come il suo che si dovrebbe guardare per costruire una memoria condivisa con amor patrio.
Salvo morì a occhi aperti, guardando il mare e il cielo, nel nome della fede e dell’amor patrio. Ebbe la medaglia d’oro al valor militare, ma forse il suo valore fu più civile e cristiano. Non so se possa considerarsi più un eroe o più un santo, come hanno pensato Monsignor Teti e l’Arcivescovo Vincenzo Pelvi dell’Ordinariato Militare: si, forse gli eroi muoiono combattendo, lui invece si sacrificò disarmato, come i martiri. Salvo – un nome un destino – se lo contendono i cieli. Tra tanti processi infami, finalmente uno di beatificazione.
Fonte Corsaro della sera