“Se i nonni, come spesso e da più parti si dice, costituiscono una preziosa risorsa, occorre mettere in atto scelte coerenti che permettano di valorizzarla al meglio. […] I cosiddetti nuovi modelli di famiglia ed il relativismo dilagante hanno indebolito questi valori fondamentali del nucleo familiare. […] Di fronte alla crisi della famiglia non si potrebbe forse proprio ripartire dalla presenza e dalla testimonianza di coloro – i nonni – che hanno una maggiore robustezza di valori e di progetti? Non si può, infatti, progettare il futuro senza rifarsi ad un passato carico di esperienze significative e di punti di riferimento spirituale e morale”.
(Papa Benedetto XVI – dal Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia, 5 aprile 2008)
Non è certo rassicurante la situazione degli anziani in Lombardia. Ecco la “generazione in bilico” fotografata dai numeri dell’Osservatorio regionale sulla terza età. In definitiva le condizioni degli anziani dopo la pandemia sono molto peggiorate, e non ci riferiamo alla salute.
Sempre più longevi, ma anche molto soli, chiusi in casa, senza aiuti domestici, in difficoltà quando hanno problemi sanitari perché la medicina territoriale non funziona. E infine impoveriti, perché le pensioni sono basse e non arrivano altri sussidi. Gli anziani lombardi – oltre 3,4 milioni di persone sopra i 55 anni, la metà dei quali ha più di 64 anni – sono “Una generazione in bilico”, come li definisce il secondo rapporto realizzato da Spi Cgil Lombardia, Fnp Cisl Lombardia e Uilp Uil Lombardia, in collaborazione con Ars – Associazione per la Ricerca Sociale di Milano, sono promotori dell’Osservatorio regionale sulla terza età.
Spi Cgil Lombardia, Fnp Cisl Lombardia e Uilp Uil Lombardia, in collaborazione con Ars – Associazione per la Ricerca Sociale di Milano, sono promotori dell’Osservatorio regionale sulla terza età.
Questa ampia indagine si intitola “Più fragili dopo la tempesta? In equilibrio fra desideri, fragilità, aiuti” e, ad un anno esatto dalla prima ricerca, racconta come siano peggiorate le condizioni di vita degli anziani e le loro condizioni di reddito. Il campione preso in esame va dai 55 anni in su: il primo gennaio 2022 la Lombardia contava 3.455.759 residenti di età compresa tra i 55 e gli 85 anni, pari al 34,8 per cento della popolazione regionale; i 55-64enni, coloro che si apprestano ad entrare nell’età anziana, sono in Lombardia quasi un milione e mezzo e, da soli, costituiscono il 15% della popolazione regionale. L’indagine ha coinvolto 1.211 cittadini residenti in Lombardia che, tra luglio e ottobre 2022, hanno compilato un questionario distribuito dai tre sindacati promotori della ricerca.
Un primo dato emerso dall’analisi è la presenza non marginale di una popolazione povera o relativamente povera, il cui reddito familiare netto non arriva a mille euro al mese. Parliamo del 13 per cento degli intervistati over 55 (di cui il 7 per cento vive da solo). Proiettati sulla popolazione lombarda, sono 488.000 persone, ma a questa condizione si associa anche un basso accesso ai servizi pubblici. Ma è la dimensione della solitudine che incide negativamente sulle condizioni di vita degli anziani: un terzo degli anziani lombardi vive da solo e, anche se tre quarti degli anziani esce di casa tutti i giorni, vi è un alto il numero degli anziani che vivono un’auto-reclusione domestica importante: se i numeri sono trascurabili fino ai 70 anni, oltre i 75 si toccano vette del 14 per cento, cioè oltre 100 mila anziani lombardi confinati in casa, con evidenti bisogni di un aiuto continuo nelle funzioni di base della vita quotidiana.
Il problema principale delle persone avanti negli anni è quello della salute e della difficoltà di accesso alla sanità pubblica. Due intervistati su 10 dichiarano uno stato di salute problematico o molto problematico. La quota sale ovviamente tra i più anziani, ma è soprattutto alta (a parità di età) tra chi vive solo (il 34 per cento) e tra i meno istruiti, che purtroppo hanno a disposizione meno risorse. Chi vive senza una rete di supporto ha più facilmente uno stato di salute critico, soprattutto se over 75: si tratta del 18% del totale, cioè 160 mila anziani che vivono soli e non possono contare su alcun aiuto in caso di bisogno.
Sei anziani su 10 non hanno mai utilizzato servizi pubblici di diversa natura, dall’assistenza sociale ai centri diurni. A parte le attività riabilitative sociosanitarie – che registrano un utilizzo da parte del 17 per cento degli anziani – tutti gli altri servizi proposti registrano tassi d’uso tra l’1 e il 5 per cento. La sanità di prossimità è ancora molto lontana dal diventare una realtà concreta e funzionante. Ci sono ancora tantissimi servizi poco utilizzati ma che riscuotono alti livelli di interesse, come i servizi di teleassistenza, telesoccorso e di trasporto e accompagnamento fuori casa. Sono in particolare i giovani anziani ad esprimere un marcato interesse nei confronti delle applicazioni di welfare digitale.
Meglio va sotto il profilo dell’invecchiamento attivo specie per chi sta sufficientemente bene di salute. Utilizzando l’indice generale – basato sulle dimensioni di “Partecipazione e cura”, “Vita autonoma” e “Capacità e fattori abilitanti” – la ricerca dice che in Lombardia su una scala da 1 a 100 gli anziani invecchiano “attivamente” su un valore pari a 46, meglio che nel resto d’Italia, dato che la media nazionale Istat di 34 nel 2018.
Gli anziani lombardi, dunque, si dimostrano piuttosto autonomi e generalmente in buona salute, ma meno partecipi e coinvolti nella comunità locale. In particolare, il 72 per cento esce di casa tutti i giorni ma, togliendo la necessità di andare a fare la spesa, solo una parte degli anziani è coinvolta in modo regolare in altre attività come volontariato, hobby, sport. La metà degli anziani intervistati frequenta un amico almeno una volta alla settimana, uno su cinque tutti i giorni. La rete amicale si dimostra essere una risorsa sempre più cruciale. “Dall’analisi, è evidente che gli anziani che vivono con i familiari sono più attivi rispetto a chi vive solo: chi vive da solo, infatti, ha meno stimoli ad invecchiare attivamente, perché sconnesso da relazioni e opportunità“, si legge nella ricerca. È, inoltre, più attivo chi ha un titolo di studio maggiore: ad esempio, al crescere del titolo di studio e dello status cresce anche la frequenza con cui gli anziani vanno in vacanza o passano weekend fuori casa (il 75 per cento dei laureati viaggia ogni anno, contro il 19 per cento di chi possiede il titolo elementare).
Per quasi un quarto degli intervistati, l’ente pubblico figura al primo posto come soggetto da cui gli anziani desiderano ricevere più aiuti soprattutto dagli enti pubblici, dai medici, dal Comune, dalla Regione, dalle forze di sicurezza: se sette anni fa metà degli anziani lombardi sosteneva che le attività di cura dovevano rimanere in capo alla famiglia, oggi tale quota si è ridotta drasticamente a 2 casi su 10, a favore del ruolo dello Stato, che sale dal 3 al 27 per cento. “La scarsa presenza dei servizi e tutte le difficoltà che il Covid ha rivelato nei termini di una sanità di prossimità rende netta ed esplicita questa attesa”, commentano i ricercatori.