Una recente ricerca ha individuato un nuovo farmaco in grado di ostacolare lo sviluppo dell’Alzheimer. Secondo gli studiosi questo potrebbe rivoluzionare il trattamento dei pazienti affetti da demenza e, soprattutto, migliorare la loro qualità della vita
La ricerca sull’Alzheimer è giunta a punto di svolta che potrebbe porre fine a decenni di fallimenti, perché alcuni ricercatori hanno trovato un nuovo farmaco per curare l’Alzheimer, la forma più comune di demenza.
Si tratta di lecanemab che si è dimostrato efficace nel contrastare lo sviluppo della malattia.
Il farmaco funziona nelle prime fasi della malattia, quindi è importante riuscire a individuare chi è a rischio.
Come funziona? Lecanemab attacca il beta amiloide che si accumula nel cervello dei malati di Alzheimer.
L’Alzheimer’s Research UK ha affermato che i risultati sono stati importanti.
Attualmente, alle persone con Alzheimer vengono somministrati altri farmaci per aiutarli a gestire i sintomi, ma nessuno cambia il decorso della malattia.
Lecanemab è un anticorpo – come quelli che il corpo produce per attaccare virus o batteri – che è stato progettato per dire al sistema immunitario di eliminare l’amiloide dal cervello.
L’amiloide è una proteina che si aggrega negli spazi tra i neuroni nel cervello, e forma placche distintive che sono uno dei segni dell’Alzheimer.
Lo studio
Lo studio su larga scala ha coinvolto 1.795 volontari con Alzheimer in fase iniziale. Le infusioni di lecanemab sono state somministrate ogni quindici giorni.
I risultati non sono stati miracolosi, poiché la malattia ha continuato a privare le persone della loro capacità cerebrale, ma tale declino è stato rallentato di circa un quarto nel corso dei 18 mesi di trattamento. I dati sono già in fase di valutazione da parte delle autorità di regolamentazione negli Stati Uniti, che presto decideranno se il lecanemab può essere approvato per un uso più ampio.
Il declino più lento con il farmaco è stato notato utilizzando le valutazioni dei sintomi. È una scala di 18 punti, che va dalla demenza normale a quella grave. Quelli che ricevevano il farmaco stavano meglio di 0,45 punti.
La dottoressa Susan Kohlhaas, dell’Alzheimer’s Research UK, ha affermato che:
Si tratta di un effetto modesto, ma ci dà un po’ di speranza, e la prossima generazione di farmaci potrà essere ancora migliore.
Ma sono stati individuati anche dei rischi. Le scansioni cerebrali hanno mostrato un rischio di emorragie cerebrali (17% dei partecipanti) e gonfiore cerebrale (13%). Complessivamente, il 7% delle persone a cui è stato somministrato il farmaco ha dovuto interrompere a causa degli effetti collaterali.
I ricercatori hanno anche sottolineato che questa cura è efficace se i farmaci vengono somministrati all’inizio della malattia, ossia prima che si verifichi un danno eccessivo al cervello, ma la maggior parte dei pazienti si trova già nelle fasi successive della malattia quando ha accesso alle cure.
Ciò sottolinea l’importanza della prevenzione, e ai primi segni di problemi di memoria i medici devono sottoporre i pazienti a esami e test specifici, come scansioni cerebrali o analisi del liquido spinale, per determinare se hanno l’Alzheimer o un’altra forma di demenza.
Gli scienziati hanno anche sottolineato che l’amiloide è solo una parte del complesso quadro della malattia di Alzheimer e non dovrebbe diventare l’unico obiettivo delle terapie.
Il sistema immunitario e l’infiammazione sono fortemente coinvolti nella malattia, e un’altra proteina tossica chiamata tau è quella che si trova dove le cellule cerebrali stanno effettivamente morendo.
I ricercatori hanno concluso:
Siamo molto entusiasti perché siamo sul punto di capire abbastanza sulla malattia, e da questo possiamo raggiungere grandi traguardi tra un decennio o giù di lì.
Fonte: The New England Journal of Medicine