Viaggiano in profondo rosso i titoli bancari. Lo spread vola oltre i 234 punti e si avvia a registrare il suo più consistente balzo settimanale da aprile 2020, in piena pandemia. E il tasso del decennale si è attestato al 3,798%
La Borsa di Milano accentua le perdite sulla scia di Wall Street e degli altri mercati europei. Piazza Affari è maglia nera in Europa con l’Ftse Mib che cede il 5,11% a 22.569,00 punti. Sulla Borsa pesa l’effetto combinato delle decisioni della Bce e dell’inflazione Usa salita a maggio all’8,6% ai massimi da 40 anni e oltre le stime. Ieri l’Eurotower ha aperto al rialzo dei tassi da luglio e annunciato che metterà fine all’acquisto dei bond dal 1 luglio. Questo sta impattando in particolare sulle banche italiane, sullo spread e sul rendimento dei Btp a 10 anni.
Viaggiano in profondo rosso i titoli bancari: Bper è la peggiore sul listino e cede il 14%, Banco Bpm scende dell’11,3%. Finecobank e Unicredit lasciano sul terreno rispettivamente il 9,14% e l’8,75%.
Sul fronte dei cambi, l’euro si porta in deciso calo sotto quota 1,06 dollari. Il cross euro dollaro e’ a 1,0506, quello con lo yen e’ a 140,80 mentre il biglietto verde passa di mano a 134 nei confronti della divisa giapponese. Lo spread vola oltre i 234 punti e si avvia a registrare il suo piu’ consistente balzo settimanale da aprile 2020, in piena pandemia. E il tasso del decennale si è attestato al 3,798%.
Scenario cambiato
Lo scenario, in meno di un anno, è profondamente cambiato: l’estate scorsa, il punto decisivo era la ripresa post-pandemica. Ora, invece, il ‘grattacapo’ che toglie il sonno ai banchieri centrali è l’inflazione: a causa del conflitto ucraino, e dei rischi di approvigionamento energetico, la fiammata dei prezzi non risparmia nessun paese occidentale e compromette la crescita.
A questo punto Bce, Fed, Boe stanno affilando le armi. L’ultima a dichiarare guerra all’inflazione è l’Eurotower, la cui politica monetaria continuava finora ad essere accomodante. Ma davanti ad una crescita dei prezzi che rischia di diventare a doppia cifra, non è più il caso di aspettare e così ieri la presidente Christine Lagarde ha fatto chiarezza sui prossimi passi da compiere.
Inevitabile la svolta ‘falco’: dopo 11 anni è stata invertita la rotta e avviata la stagione del rialzo dei tassi di interesse. La Bce ha abbassato in modo significativo le stime di crescita (2,8% nel 2022) spiegando che i rischi legati alla pandemia sono scesi ma quelli legati alla guerra sono significativi, e ha alzato le stime dell’inflazione al 6,8% quest’anno che “è la più grande sfida per tutti noi”.
Così porrà fine agli acquisti netti di attività nell’ambito del suo programma (Paa) a partire dal 1 luglio 2022 e si dice pronta a mettere in campo uno scudo anti-spread, anche se non ha fornito dettagli. La decisione ha depresso i mercati: le Borse europee arretrano ma i tassi dei rendimenti dei titoli di Stato – in particolare dell’Europa meridionale, e quindi dell’Italia, si stanno impennando.
Aumenta lo spread
Lo spread tra Btp e Bund tedesco si allarga sempre di più, e ora viaggia oltre 230 punti come si era registrato in piena pandemia. Quindi la Bce alzerà probabilmente i tassi dello 0,25% a luglio e poi a settembre: gli analisti di Deutsche Bank scommettono che si arriverà all’1% entro fine anno mentre altri ritengono probabile che si giunga al 2% nel primo trimestre del 2024.
Insomma, come aveva preannunciato la Lagarde, l’era dei tassi negativi sembra definitivamente tramontata e per questo motivo i mercati sono in fibrillazione. La Fed ha già deciso un maxi rialzo dei tassi, di 75 punti base, a marzo scorso ma non è finita qui. Gli analisti si attendono un aumento di mezzo punto percentuale sia a giugno (la riunione è la prossima settimana, 14-15 giugno) che a luglio.
Un’ulteriore stretta sarà inevitabile, dal momento che si prevede che le pressioni sui prezzi continueranno a persistere, poiché le interruzioni della catena di approvvigionamento continuano a far lievitare i costi a livello globale. L’inflazione dovrebbe attestarsi in media al 7,4% quest’anno e rimanere al di sopra dell’obiettivo del 2% fissato dalla Fed almeno fino al 2024.
Oggi si alzerà il velo sull’inflazione a maggio, che dovrebbe essere stazionaria a maggio all’8,3% mentre quella ‘core’, al netto di energia e dei beni alimentari, dovrebbe rallentare dal 6,2% al 5,9%. Questo induce molti analisti a ritenere che verso la fine dell’anno, la Fed pur proseguendo in una stretta di politica monetaria, possa ammorbidire la sua linea.
Pessimi segnali dagli Usa
Intanto, il mercato del lavoro statunitense, che è l’altro osservato speciale della Fed, non ha mostrato segni di peggioramento a breve. L’occupazione è aumentata più del previsto a maggio, mentre il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 3,6%, segnali di un mercato del lavoro tutto sommato in buona salute che potrebbe spingere la banca centrale a proseguire la stretta monetaria.
Nel dettaglio, a maggio l’economia statunitense ha creato 390.000 posti di lavoro (non agricoli) mentre il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 3,6% rispetto ad aprile. Le attese erano per un aumento più contenuto di 325.000 posti di lavoro. Il rapporto ha anche mostrato guadagni salariali, tratteggiando un quadro di un’economia in continua espansione, anche se a un ritmo moderato.
Gli economisti sono divisi sul fatto che la moderazione nel ritmo di crescita dell’occupazione sia dovuta al raffreddamento della domanda di manodopera o alla carenza di lavoratori e invitano a concentrarsi sul tasso di disoccupazione e sulla crescita salariale per valutare la rigidità del mercato del lavoro.
Rischio stagflazione
Insomma, la questione da tenere sotto controllo è un rischio di stagflazione: bisogna evitare il rischio che l’economia entri in recessione mentre deve far fronte all’aumento dei tassi e all’inflazione. Il mix di rallentamento della crescita e rialzo dell’inflazione rappresenterebbe a quel punto il classico colpo di grazia.
Più aggressiva invece la Banca d’Inghilterra che secondo gli osservatori dovrebbe decidere per uno storico rialzo di mezzo punto dei tassi d’interesse entro settembre, in modo tale da controllare l’inflazione che corre al ritmo più veloce degli ultimi quarant’anni.
Si tratterebbe dell’aumento più consistente da prima che la banca centrale ottenesse l’indipendenza nel 1997. Visti i prezzi al consumo nel Regno Unito aumentati del 9% su base annua ad aprile, più di quattro volte l’obiettivo, la Boe ha già alzato i tassi ll’1% in quattro rialzi consecutivi da dicembre scorso. E non è finita qui. Controcorrente la Banca centrale russa: oggi ha tagliato i tassi di interesse dall’11% al 9,5%.
fonte AGIIT