La Russia ha le più grandi riserve mondiali di gas naturale e fornisce l’Europa occidentale da oltre 50 anni. E Un terzo del gas russo arriva in Europa attraverso l’Ucraina
Mentre proseguono frenetici gli sforzi diplomatici per scongiurare un’invasione russa dell’Ucraina, la dipendenza dell’Europa dalle forniture di gas russe resta una minaccia. “Ci aspettiamo da Mosca segnali urgenti di una de-escalation. Un’ulteriore aggressione militare avrebbe conseguenze molto pesanti per la Russia. Su questo sono assolutamente d’accordo con i nostri alleati”. Lo ha affermato il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, in un messaggio su Twitter diffuso prima della sua missione a Kiev, dove oggi incontrerà il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, e a Mosca, dove domani vedra’ Vladimir Putin. “Stiamo vivendo una minaccia molto, molto seria della pace in Europa”, ha aggiunto il cancelliere. “Oggi a Kiev e domani a Mosca continueremo i nostri colloqui sulla situazione ancora molto seria al confine dell’Ucraina”, ha detto ancora Scholz, che ha aggiunto: “A Kiev per me è importante esprimere la nostra solidarietà e il nostro sostegno”.
Una dipendenza che viene da lontano
La Russia ha le più grandi riserve mondiali di gas naturale e fornisce l’Europa occidentale da oltre 50 anni. “La data precisa è il 1968”, ha spiegato in un’intervista recente l’esperto di geopolitica del gas naturale Michael Bradshaw. “Fu allora che l’Unione Sovietica raggiunse un accordo con l’Austria per la fornitura di gas naturale tramite gasdotto”.
Bradshaw, professore di Energia globale alla Warwick Business School dell’Università di Warwick, nel Regno Unito, spiega che si tratta di una relazione che ha “resistito a numerose crisi geopolitiche”, incluso il crollo dell’Unione Sovietica. Anche al culmine della Guerra Fredda, le consegne erano costanti. Oggi Mosca fornisce all’Europa circa il 40% del suo gas naturale , principalmente attraverso gasdotti. E secondo l’Oxford Institute for Energy Studies, nel 2021, il 22% del gas consegnato dalla Russia all’Europa – inclusa la Turchia – è passato attraverso l’Ucraina. Si tratta, secondo Bloomberg, di circa 177 miliardi di metri cubi, al di sotto dell’obiettivo minimo di consegne verso l’Europa (183 miliardi di metri cubi). Ciò rende particolarmente urgente la domanda: che cosa accadrebbe a questi flussi di gas in caso di invasione russa?
Un terzo del gas russo arriva in europa attraverso l’Ucraina
I timori degli analisti e degli investitori si traducono nel balzo delle quotazioni negli hub olandesi e britannici. Oggi il prezzo del gas naturale è schizzato all’hub olandese Ttf dell’8,17% a 83,75 euro/Kwh. Prezzi in rialzo (+7,58%) anche nell’hub britannico a 1,99 sterline per therm. Il pericolo che, in caso di conflitto, l’Europa debba rinunciare a oltre il 30% di metano che arriva dalla Russia attraverso l’Ucraina è assolutamente reale.
Inoltre, secondo gli analisti, almeno nel breve-medio periodo, la dipendenza europea dalle forniture russe è destinata ad aumentare perché il Vecchio Continente, attraverso il green deal, diminuirà la propria produzione. Da anni nelle riunioni e nei parlamenti europei si parla di ridurre la dipendenza da Mosca e di una maggiore diversificazione delle fonti. In realta’ si e’ andati in direzione contraria. E il progetto Nord Stream 2, portato avanti dall’ex Cancelliera Angela Merkel e bloccato dal nuovo governo tedesco ne e’ testimonianza.
Stoccaggi di gas ai minimi da 10 anni
Il mix di motivazioni geopolitiche e un’inflazione galoppante, in parte dipendente dalle prime, stanno seriamente mettendo a rischio gli accenni di ripresa economica registrati nel 2021 nell’area. Gli stoccaggi nell’Ue hanno raggiunto il livello stagionale più basso da oltre un decennio. I prezzi del gas europei hanno raggiunto il massimo storico il 21 dicembre scorso (188 euro/Kwh) e sono più che triplicati nel 2021. È stato in questo contesto che il Nord Stream 2, il nuovo gasdotto che avrebbe dovuto raddoppiare la portata del gasdotto esistente verso la Germania, è stato completato a settembre ma finora il tubo è rimasto vuoto.
Questo fatto ha provocato la reazione russa che, dalla scorsa estate, ha inviato meno gas in Europa adducendo come prima scusa il fatto che doveva riempire i siti di stoccaggio domestici prima dell’inverno, poi dichiarando che c’è una minore richiesta europea. Lo scorso dicembre Putin ha affermato che le forniture del gasdotto Nord Stream 2 “avrebbero indubbiamente abbassato il prezzo sul mercato spot” in Europa.
L’Europa dipende dall’estero per l’80% del gas
Complessivamente le forniture esterne, principalmente da Russia, Norvegia e Algeria, rappresentano circa l’80% del gas consumato in Ue. Alcune delle maggiori economie sono tra le più esposte, con la Germania che importa il 90% del proprio fabbisogno mentre Paesi come Belgio, Spagna e Portogallo hanno il problema della scarsa capacita’ di stoccaggio, così come il Regno Unito, che non fa più parte dell’Ue, ha chiuso il suo unico grande sito di stoccaggio gas. Il continente ha diversi gasdotti, tra cui Yamal Europe, che va dalla Russia alla Germania attraverso la Bielorussia e la Polonia e il Tag, che porta il gas russo in Austria e in Italia.
Una guerra rappresenterebbe la fine del Nord Stream 2
Il nuovo governo tedesco intanto ha bloccato il via libera all’iter autorizzativo del gasdotto affermando che l’approvazione non arriverà prima di luglio. Certo un conflitto Russia-Ucraina complicherrebbe terribilmente il futuro del Nord Stream 2. Il presidente Usa Joe Biden ha già detto che un’invasione russa comporterebbe sanzioni sulla pipeline.
Il Senato americano già in passato ha provato a mettere sanzioni all’infrastruttura: la misura chiesta dal senatore repubblicano Ted Cruz è stata bocciata. In caso di guerra l’esito del voto non sarebbe così favorevole alla Germania e all’Europa. Anche in passato, gli Stati Uniti hanno mostrato forte opposizione al Nord Stream 2. Sia Biden sia il suo predecessore, Donald Trump, hanno messo in guardia dal rischio che l’Europa diventi troppo dipendente dal gas russo. Anche Polonia, Slovacchia e altri paesi dell’area si sono opposti, affermando che avrebbe rafforzato la presa della Russia sulla regione.