Le cure palliative sono chiamate in causa quando la patologia non risulta più curabile e la fine della vita diventa un evento naturale. Uno degli aspetti portanti è l’aiutare il paziente nella tolleranza del dolore essendo questo uno dei sintomi più significativi della malattia. Molti sono i passi avanti fatti in ambito medico, ma quando le terapie farmacologiche si rivelano inefficaci, una soluzione è alleviare il dolore attraverso la sedazione palliativa. La sua attuazione è prevista quando, il sintomo è refrattario e ha effetti intollerabili per il malato per il quale non esistono trattamenti capaci di portare sollievo senza influire sullo stato di coscienza. Rendere sostenibile il dolore per il malato significa evitargli inutili sofferenze ed è quindi in un’ottica di diritto alla salute.
Che cos’è la sedazione palliativa
Per sedazione palliativa si intende una intenzionale riduzione della coscienza del paziente al fine di consentirgli di tollerare il dolore nel caso di sintomi refrattari fisici e/o psichici di una malattia inguaribile in stato avanzato. Diverse sono le caratteristiche che identificano questo tipo di sedazione: con cui può essere somministrata e sono riconducibili a due macrocategorie:
– Si definisce palliativa perché permette una riduzione del dolore che non necessariamente porta a una perdita totale di coscienza.
– Può essere profonda, quando l’annullamento della coscienza è totale e serve a evitare ulteriori sofferenze al paziente.
La sedazione palliativa può essere somministrata per un tempo limitato, in alternanza ad altri trattamenti con l’evoluzione delle circostanze, oppure in maniera continuativa fino al totale annullamento della coscienza.
Quando viene attuata
Una volta stabilito che la sintomatologia è incoercibile, il processo decisionale della sedazione palliativa avviene in condivisione tra équipe curante, malato e familiari. Si tratta quindi di un momento delicato in cui tutti i soggetti coinvolti devono poter condividere decisioni, responsabilità e informazioni.
Fondamentale è il consenso del paziente, che deve essere perfettamente consapevole delle sue condizioni di salute e dei suoi desideri, in un’ottica di consenso condiviso tra tutte le figure implicate nella decisione.
La tolleranza al dolore è qualcosa che varia da individuo a individuo: le cure palliative operano sempre in un’ottica di valutazione altamente personalizzata del singolo caso medico. Dal punto di vista normativo, la sedazione palliativa risulta regolamentata attraverso due leggi: la legge 38/2010 e la legge 219/2017.
La differenza con l’eutanasia
La sedazione palliativa è una procedura terapeutica propria delle cure palliative e il suo fine è quello di alleviare il dolore causato da sintomi refrattari, non di portare alla morte come nel caso dell’eutanasia. La conseguenza finale per entrambe rimane la fine della vita, ma mentre l’eutanasia è volta a procurarla, la sedazione palliativa non interferisce con la naturale evoluzione della malattia e la sua durata, ma ha lo scopo di garantire una migliore qualità della vita. Per questo motivo è una pratica terapeutica al pari delle altre all’interno delle cure palliative.