AGI -La missione Rosetta dell’ESA ha rivelato un’aurora unica nel suo genere, un interessante fenomeno visto attraverso il sistema solare sulla cometa obiettivo della missione, la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. A scoprirlo un gruppo di ricercatori dell’Imperial College di Londra che hanno pubblicato i risultati delle loro ricerche sulla rivista Nature Astronomy. Sulla Terra, le aurore si formano quando particelle cariche emesse dal Sole interagiscono con il campo magnetico del nostro pianeta e creano sfavillanti spettacoli di colori e luci nei cieli alle alte latitudini. Sebbene questi spettacoli di luce siano stati osservati su vari pianeti e lune del sistema solare, e intorno a una stella più distante, le osservazioni della missione dell’ESA a caccia di comete, la missione Rosetta, rivela ora emissioni uniche dell’aurora sulla cometa obiettivo della sonda spaziale: 67P/Churyumov-Gerasimenko (67P/C-G). Queste emissioni si creano quando particelle cariche scorrono dal Sole verso la cometa – un flusso conosciuto come vento solare – e interagiscono con il gas che circonda il gelido e polveroso nucleo della cometa. “Il bagliore che circonda 67P/C-G – ha spiegato Marina Galand dell’Imperial College di Londra, nel Regno Unito, autrice principale del nuovo studio – è unico nel suo genere. Scavando tra i dati provenienti dai numerosi strumenti di Rosetta e unendoli insieme, abbiamo scoperto che questo bagliore è di natura aurorale: è causato da un insieme di processi, alcuni già osservati sulle lune di Giove, Ganimede e Europa, e altri sulla Terra e su Marte”. Questi processi definiscono come l’involucro di gas (o chioma) intorno a 67P/C-G si anima – ossia, si accende di luce e colore – e come le particelle causa di questa animazione ricevono una spinta di energia e accelerano. L’aurora di 67P/C-G si presenta nella luce ultravioletta, come osservato nelle aurore marziane rilevate dalla missione Mars Express dell’ESA (anche se i ‘colori’ dell’aurora su 67P/C-G e di quella su Marte differiscono). Per rivelare più di quanto uno strumento può offrire, Marina Galand e colleghi hanno unito le diverse misurazioni effettuate da Rosetta, sia in-situ che da remoto, utilizzando un modello basato sulla fisica. “Così facendo – spiega Galand – non abbiamo dovuto contare solo su una singola serie di dati da un solo strumento. Invece, abbiamo potuto mettere insieme una vasta serie di dati multi-strumento per avere un quadro più preciso di ciò che stava succedendo. Questo ci ha permesso di identificare senza ambiguità come si formano le emissioni atomiche ultraviolette di 67P/C-G, e di rivelare la loro natura aurorale”. Le emissioni ultraviolette osservate da Rosetta sulla cometa 67P/C-G erano apparse in precedenza, e si pensava fossero dovute al fenomeno del ‘dayglow’, la luminosità diffusa del cielo diurno, un processo causato dalla particelle di luce solare (fotoni) che interagiscono con il gas della cometa. Questo studio, tuttavia, mostra come queste emissioni siano invece delle aurore: non sono determinate da fotoni ma da elettroni nel vento solare che sono stati accelerati nell’ambiente vicino alla cometa. “Questi elettroni interagiscono poi con le molecole nella chioma per produrre il bagliore dell’aurora. Il processo per cui gli elettroni sono accelerati è simile ad alcuni dei processi che determinano le aurore sulla Terra e su Marte, nonostante la mancanza su 67P/C-G di un campo magnetico intrinseco”, continua Marina Galand. “In effetti, gli ambienti magnetici di lune, pianeti e comete, sono tutti molto diversi, è pertanto entusiasmante e interessante vedere delle aurore su tutti loro”.