In una società dove impera il relativismo era inevitabile che ciò accadesse, la Germania è solo la prima nazione, ma accadrà ovunque in Europa. E a cadere non è solo la chiesa cattolica.
Abbandonare la Chiesa è facile facile in Germania. Basta compilare l’apposito formulario, pagare una piccola somma per la conseguente procedura burocratica e firmare: il gioco è fatto. Il piccolo dettaglio che sta gettando nel panico le massime autorità religiose del Paese è che nel corso degli ultimi dodici mesi l’hanno fatto oltre 540 mila tedeschi, equamente suddivisi tra la chiesa cattolica e quella evangelica, ossia un’emorragia di circa 270 mila fedeli cadauna.
Mezzo milione di “fuoriusciti”, mezzo milione di persone che non solo decidono di allontanarsi dalla vita religiosa del Paese, ma sentono l’impellenza di registrarlo ufficialmente, con tutti i crismi: è l’equivalente della popolazione di una grande città come Hannover o Dresda, calcola Tilmann Kleinjung sull’emittente Br. Che aggiunge: “Non bisogna essere dei profeti per capire che nel giro di pochi anni i cristiani in Germania saranno una minoranza”.
Un “esodo di massa”, lo chiama il giornalista tedesco, uno dei maggiori esperti di cose religiose nella patria di Goethe e di Beethoven. È un allarme rumoroso, che attraverso diagonalmente tutto il Paese, che modifica l’idea che la Germania ha di se stessa.
“Deploro ogni singola uscita”, dice il presidente del Comitato centrale dei cattolici tedeschi, Thomas Sternberg, all’agenzia di stampa cattolica Kna. La sua diagnosi è spietata: “Le persone voltano le spalle alla Chiesa, alla quale hanno appartenuto per tanti anni, perché sono arrabbiati per l’accumulo di riforme mancate e perché non si fidano più di lei”.
Lo scenario che fornisce il vescovo di Wuerzburg, Franz Jung, è più largo: “C’è una crescente polarizzazione della società, nella quale la comunicazione diventa sempre più greve“, con il risultato che un confronto reale “è sempre piu’ difficile”, dato che “invece di soluzioni differenziate si preferiscono spiegazioni semplici, prediligendo immagini nemiche e teorie cospirazioniste”.
La Chiesa, invece, dovrebbe occuparsi di più dei bisogni reali sul territorio, e “prendere atto della disperazione del mondo”, che per quanto riguarda la Chiesa equivale a dire che vi sono state lacune sin anche nell’affrontare “il tema degli abusi”.
Cosa succede in Germania
Kleinjung spiega che ormai “neanche a Natale le persone vanno più in chiesa, e quando ricevono lo stipendio si chiedono: perché sono ancora membro? Che le chiese attraverso gli scandali degli abusi e finanziari del passato abbiano danneggiato a lungo termine la propria immagine ovviamente rende a molti più facile la decisione di andarsene”.
Dunque urge un deciso cambio di passo, ammette il presidente del consiglio della Chiesa evangelica tedesca (Ekd), Heinrich Bedford-Strohm, parlando con il domenicale della Bild: “Non possiamo aspettare che le persone tornino nelle nostre chiese e nelle nostre comunità. Dobbiamo andare fuori noi, là dove si svolge la quotidianità delle persone. La Chiesa deve allargare le braccia, essere sul posto quando scatta l’emergenza, dobbiamo immischiarci, protestare e aiutare concretamente, se i profughi affogano nel Mediterraneo e tutti stanno solo li’ a guardare”.
Dati alla mano, le prospettive sono fosche per i cristiani in Germania: l’economista Bernd Raffelhueschen ha calcolato che entro il 2060 solo un quarto degli abitanti della Germania faranno parte di una delle due chiese. Oggi la maggior parte lascia ufficialmente la propria confessione intorno ai trent’anni, come conferma anche la teologa evangelica Isolde Karle, in particolare al giro di boa della prima dichiarazione dei redditi: secondo lei, i giovani tendono venire meno alla socializzazione religiosa, e pertanto “escono quando non capiscono più perché mai dovrebbero finanziare la Chiesa”.
Facile immaginare che il coronavirus porterà presto una nuova mazzata: “Durante la pandemia le Chiese non sono state abbastanza visibili”, afferma ancora la teologa. E se, d’altra parte, prevarrà il “business as usual”, il rischio è che la chiesa cristiana si riduca ad essere “una setta”, incalza Kleinjung, “una comunità composta solo da persone già convinte”.
In termini simili si esprime il cardinale Reinhard Marx, che fino allo scorso marzo era presidente della Conferenza episcopale tedesca: “È importante che torniamo ad imparare, non solo dai propri testi, dalla propria tradizione, ma anche dalla storia dell’uomo, dai movimenti per la liberazione, così come dalle scoperte scientifiche”, ha spiegato al Deutschlandfunk. “Per qualcuno ancora oggi è strano che anche la Chiesa debba ancora imparare qualcosa”. Una sfida enorme, forse esistenziale.