Tra le svariate privazioni della libertà che abbiamo subito tutti in questi ultimi 50 giorni, dobbiamo porre l’attenzione su ciò che hanno subito i bambini.
I bimbi non possono di certo rimanere chiusi in casa per un periodo di tempo tanto lungo, i nostri figli potrebbero uscirne a pezzi, potrebbero accusare diverse sindromi neuropsicologiche in cui non mi voglio addentrare, quello che è certo è che molti bimbi, al momento di interrompere la quarantena, si sono rifiutati di uscire di casa.
A monte, di certo, ci sarà il modo in cui i genitori hanno comunicato loro le motivazioni per cui sono stati costretti a rimanere in casa, se avranno detto, ad esempio, che fuori c’era una malattia che li avrebbe contagiati, ecco che la paura di uscire sarebbe più che giustificata.
Tuttavia il lungo permanere in casa potrebbe aver fatto in modo che il loro mondo “sicuro” fosse stato delimitato dalle mura dell’appartamento, in questo caso il fatto di lasciare il nido per un mondo estraneo, potrà creare certamente insicurezza e timore.
La privazione della libertà, dei propri amici, della scuola e dei nonni per quasi 60 giorni, non passerà come se nulla fosse stato, tanti bimbi avranno bisogno di una ricostruzione psicologica per ristabilire un equilibrio che di sicuro, dopo questo periodo, è venuto a mancare.
Se le istituzioni, come sarebbe auspicabile, metteranno a disposizione i loro centri per l’ascolto, accettate l’aiuto. Di solito sono gestiti da bravi professionisti che vi impegneranno giusto il tempo necessario per la terapia.
La stessa “ricostruzione” sarebbe necessaria per gli adulti, genitori e nonni, ma questa è un’altra storia.
Manuela Valletti