Da tempo la tutela degli interessi nazionali non si esaurisce più nella sola difesa dei confini territoriali ma si estende oltre frontiera sul mondo delle imprese.
Un documento dei servizi, giudicato «preoccupante», riguarda il settore bancario e assicurativo. Il Copasir si era già mosso all’inizio dell’emergenza da Covid 19, invitando il governo a tutelare anche questo settore con la golden share. E il governo ha agito. Ora il problema ha un nome: Npl, cioè i crediti deteriorati. Prima della crisi il loro ammontare era stato calcolato intorno ai 360 miliardi di euro. Ed è vero che tra il 2014 (anno di picco) e il 2018 gli istituti di credito avevano sostanzialmente dimezzato la loro zavorra, ceduta a società di credito con operazioni a volte molto spinte. Ma due settimane fa l’audizione del generale Carta, che era ancora direttore dell’Aise prima di essere nominato presidente di Leonardo, ha fatto scattare l’allarme. Presentando il lavoro elaborato dalla sua struttura, con analisi sui movimenti bancari, scambi tra azionisti e aperture di credito, ha parlato (anche) di Npl e ha «messo in guardia» — così dicono più fonti qualificate — l’organismo parlamentare.
Il Copasir, per quanto gli compete, continuerà a monitorare la situazione di banche e assicurazioni, che detengono quote considerevoli di titoli di Stato. E insieme alla stabilità finanziaria, allerterà governo e Parlamento anche sui rischi legati alla stabilità sociale. «I due fronti — viene evidenziato — sono esposti». Perché oltre al problema degli Npl, c’è la questione legata al flusso del risparmio italiano, che nell’attuale contesto è indispensabile per garantire il credito alle aziende. E dai report dell’Aise è parso chiaro come sia «decisiva la tutela» delle banche e delle assicurazioni, e come sia concreto il rischio che i soldi degli italiani finiscano per finanziare aziende straniere, persino sullo stesso territorio nazionale.
Nelle comunicazioni informali con l’esecutivo governo e il Parlamento, il Copasir ribadisce «l’assoluta necessità di scudare» il sistema creditizio, anche per scongiurare che «meccanismi di ricapitalizzazione possano trasformarsi in cavalli di Troia per diluire la proprietà italiana delle banche». E le minacce da sventare non sono finite, perché le nuove piattaforme digitali — che agiscono al di fuori delle normative europee — potrebbero avere un impatto sul mercato assicurativo, «rischiando di esporre l’Italia a forme di speculazione sul debito pubblico». In questo contesto di guerra, il Copasir finora è stato capace di non farsi contaminare dal clima politico e dalle sue baruffe. E in modo collegiale sta programmando una serie di audizioni sulla materia: prima Bankitalia e poi gli istituti a partire da Unicredit. Ma il Comitato sembra non volersi fermare e sta «riflettendo» se interpellare anche i rappresentanti italiani di Deutsche Bank.
Con queste previsioni non certo rosee sarebbe auspicabile avere un governo forte, in grado di fronteggiare una crisi economica che si prospetta molto pericolosa per il Paese, francamente l’attuale governo non è all’altezza.