Nei giorni del coronavirus, i milanesi mostrano tutto il loro carattere.
Cara Milano,
da milanese voglio scriverti per dirti grazie, in questi giorni con il virus che ti mette a dura prova, hai dimostrato e stai dimostrando ciò che da tempo avevi forse sottaciuto, il tuo coraggio e la tua tenacia.
Presa come eri dai turisti, dalla moda, dai grattacieli nuovi, dai migranti stravaccati sul piazzale della stazione come parte del paesaggio, avevi perso il tuo abituale carattere che è quello di una città estremamente tosta che va avanti a testa bassa per venir fuori dalle difficoltà al meglio.
Alla fine andrà tutto bene, ricordati amata città, che di morbi ne hai già sconfitti tanti e che sulla peste, ad esempio, il nostro grande Manzoni ha perfino scritto un capitolo nel suo “I promessi sposi”. Certo questa non è la peste, ma spaventa ugualmente anche se i tempi non sono quelli e nemmeno i rimedi.
Mi dispiace davvero di vederti deserta, perchè penso alla paura dei milanesi, ma devo anche confessarti che così posso ammirare meglio le tue splendide piazze, il Castello con la fontana, il Duomo, Corso Vittorio Emanuele e la mia amata Piazza Buonarroti con Giuseppe Verdi che vigila sulla sua bellissima Casa per i Musicisti…e un po’ ritorno indietro nel tempo, a quando ero ragazza e lavoravo in centro, allora il traffico non era così infernale come oggi e la città si lasciava “assaporare”.
Fatti forza Milano, sai che la nostra Madonnina, dalla guglia più del Duomo, ti guarda con amore materno e ti protegge da ogni male. Ciao cara città, ti voglio bene.
Manuela Valletti
Nota redazionale
Sentite cosa scrive il Manzoni sulla peste a Milano, non vi pare che siano i giorni nostri?….:
“In principio dunque, non peste, assolutamente no, per nessun conto: proibito anche di proferire il vocabolo. Poi, febbri pestilenziali: l’idea s’ammette per isbieco in un aggettivo. Poi, non vera peste, vale a dire peste sì, ma in un certo senso; non peste proprio, ma una cosa alla quale non si sa trovare un altro nome. Finalmente, peste senza dubbio, e senza contrasto: ma già ci s’è attaccata un’altra idea, l’idea del venefizio e del malefizio, la quale altera e confonde l’idea espressa dalla parola che non si può più mandare indietro. Non è, credo, necessario d’esser molto versato nella storia dell’idee e delle parole, per vedere che molte hanno fatto un simil corso. Per grazia del cielo, che non sono molte quelle d’una tal sorte, e d’una tale importanza, e che conquistino la loro evidenza a un tal prezzo, e alle quali si possano attaccare accessòri d’un tal genere. Si potrebbe però, tanto nelle cose piccole, come nelle grandi, evitare, in gran parte, quel corso così lungo e così storto, prendendo il metodo proposto da tanto tempo, d’osservare, ascoltare, paragonare, pensare, prima di parlare. Ma parlare, questa cosa così sola, è talmente piú facile di tutte quell’altre insieme, che anche noi, dico noi uomini in generale, siamo un po’ da compatire”.