Nonostante il silenzio assordante dell'Europa, la situazione in Africa è in evoluzione e non certo in senso positivo. Questa notte gli USA hanno fatto un secondo raid aereo. Si sta aggravando anche la situazione in Libia. Ecco per sommi capi che cosa sta accadendo.
L’uccisione di Soleimani incendia il Medio Oriente
Mahdi, hanno riportato fonti presenti all’incontro, aveva ammesso con Nistri che la repressione sanguinosa delle proteste nel Paese da parte delle forze di sicurezza locali era da considerarsi il frutto di un uso eccessivo ed improprio della forza contro i manifestanti. La cause, secondo il premier, vanno ricercate sia nel fatto che le forze si sicurezza sono preparate a contrastare minacce come lo Stato islamico ma non per la gestione dell'ordine pubblico sua nella pesante infiltrazione tra le stesse forze di sicurezza di criminali interessati ad alimentare una strategia della tensione, fomentando caos e disordini attraverso omicidi, rapimenti e violenze generalizzate.
Al generale Nistri, il capo del governo iracheno aveva assicurato di aver impartito istruzioni chiare e precise alle forze di sicurezza, sottolineando l'esigenza di garantire il diritto a manifestare e, soprattutto, di vietare l’uso di armi da fuoco contro i manifestanti. Mahdi ha inoltre ammesso che "ulteriore causa degli incidenti" è conseguente all'impreparazione delle forze di sicurezza a fronteggiare manifestanti, armati di moloto e fionde, determinati a creare e alimentare il caos.
Ora, ha detto Mahdi a Nistri, l'esigenza non è più quella di combattere lo Stato islamico, considerato un nemico sconfitto, ma gestire la crisi politica e sociale e per tale motivo ha chiesto che l'Italia prosegua voi Carabinieri il proprio impegno nelle attività di addestramento e formazione. Il premier iracheno ha chiesto espressamente il sostegno italiano nella formazione dei futuri addestratori, ufficiali e sottufficiali di una unità di polizia specializzata nel mantenimento dell'ordine pubblico.
Nistri, da parte sua, ha ricordato i corsi di formazione per addestratori tenuti dai carabinieri a Vicenza e ha stabilito con Mahdi di valutare la possibilità di una missione a Baghdad con il compito di dare il via alla richiesta formazione. Sempre che il parlamento iracheno non decida di tenere per sempre le forze straniere fuori dal Paese.
Haftar chiama il popolo al jihad contro l’intervento turco in Libia
Vestito con l'uniforme militare, il maresciallo ha esortato "tutti i libici" a prendere le armi, "uomini e donne, militari e civili, per difendere la nostra terra e il nostro onore".
Il maresciallo Khalifa Haftar, che ha lanciato dal 4 aprile scorso la campagna per la presa di Tripoli, ha chiamato la popolazione alla "mobilitazione generale" e al "jihad" contro un eventuale intervento militare turco in Libia a sostegno del Governo di accordo nazionale. "Accettiamo la sfida e dichiariamo il jihad (la guerra santa islamica; ndr) e la mobilitazione generale", ha detto Haftar in un discorso rimandato dalla rete televisiva al-Hadath.
Vestito con l'uniforme militare, il maresciallo Haftar ha esortato "tutti i libici" a prendere le armi, "uomini e donne, militari e civili, per difendere la nostra terra e il nostro onore". "Rinserriamo i nostri ranghi e mettiamo da parte le nostre divergenze - ha detto -. Il nemico raduna le sue forze per invadere la Libia e asservire la nostra gente", trovando "tra i traditori quelli che hanno firmato con lui un accordo di sottomissione, d'umiliazione e di onta", ha aggiunto con riferimento al memorandum siglato a fine novembre dal Governo di al-Serraj con quello di Ankara.
Non si tratta più solamente, secondo Haftar, "di liberare Tripoli" dalle milizie che la controllano, ma ormai bisogna "fronteggiare un colonizzatore" che vuole "riprendere il controllo della Libia", antica provincia dell'Impero Ottomano. Il maresciallo si è quindi rivolto al popolo "amico" turco, che ha esortato alla sollevazione contro il proprio presidente Recep Tayyip Erdogan, definendolo "un avventuriero dissennato" che manda le sue truppe "alla morte" e attizza il fuoco della discordia tra i musulmani e i popoli della regione "per soddisfare i suoi capricci".
Gli Usa potrebbero inviare in Libano soldati dall’Italia
Le truppe Usa di stanza a Vicenza potrebbero essere inviate in Libano, se necessario, a protezione dell'ambasciata americana. Lo ha confermato all'Associated Press una fonte anonima del Pentagono parlando delle azioni per proteggere gli interessi Usa in medio Oriente. Gli Usa potrebbero inviare a Beirut dall'Italia dai 130 a 700 militari a Beirut dall'Italia.
Cosa rischiano i carabinieri in missione in Iraq
Già prima del bombardamento costato la vita a Soleimani, il parlamento iracheno, sull'onda della spinta emotiva innescata dai raid aerei americani del 29 dicembre era orientato ad approvare il progetto di legge sul ritiro delle forze straniere dal Paese
L’escalation di violenza culminata nell’uccisione di Qassem Soleimani parte da lontano e riguarda, in qualche misura, anche i carabinieri. All’Italia si era rivolto il governo iracheno per formare le proprie forze di sicurezza sul fronte dell’ordine pubblico e in quattro anni - la missione è iniziata nel 2015 – i carabinieri hanno addestrato più di 36.500 agenti iracheni.
Un contributo importante per la sicurezza del Paese così come sottolineato dal primo ministro iracheno, Adel Abdul-Mahdi e dal ministro dell’Interno, Yasen Al-Yaseri, al comandante generale dei Carabinieri, Giovanni Nistri, durante la visita del 29 dicembre alle forze italiane impegnate nei teatri operativi di Baghdad ed Erbil. Tuttavia la collaborazione rischia di interrompersi se dovesse cambiare il quadro giuridico che consente a forze militari straniere di operare in Iraq.