L’orrore che proviamo per questo delitto è tale da farci rivivere la vicenda di Caino ed Abele. Caino uccide Abele perché è invidioso della felicità del fratello e crede che togliere la gioia a qualcuno gli consenta di rubarla per se.
Caino e Abele del Tintoretto
Stefano Leo è stato sgozzato mentre passeggiava per le strade di Torino perché la sua espressione, felice e serena, era insopportabile. A raccontarlo è stato Said Mechaquat, l’assassino che si è costituito.
Said è un cittadino italiano di origine marocchine, forse non si è mai integrato o non lo hanno mai fatto i suoi genitori, tanto è vero che nella sua confessione dice “volevo uccidere un italiano felice”. Come Caino, anche Said non sapeva che uccidendo Stefano “un italiano felice”, non avrebbe aggiunto nulla alla sua felicità, anzi.
Ammesso che tutto sia andato come fino ad ora sappiano, non ci sono attenuanti sociologiche per l’omicidio di Stefano. Caino, invece di uccidere Abele, avrebbe potuto mettersi al lavoro per migliorare una vita che non lo rendeva felice. Allo stesso modo Said avrebbe potuto decidere di imparare dallo sguardo felice di Stefano, che andava a fare il suo lavoro di commesso, come si fa a vivere con soddisfazione.
La felicità è uno stato mentale e se si vive di invidia non si raggiungerà mai la felicità, chissà se ora Said lo ha capito o se ci vorranno anni di prigione per recuperarlo ad una vita degna?
Said Mechaquat, dovrà avere la sua giusta punizione, ma noi pensiamo a Stefano che non c’è più e alla sua famiglia, a quel ragazzo che era uscito di casa con un sorriso per affrontare la sua giornata.
Manuela Valletti