Quando il Milan venne venduto al cinese Li Yonghong in molti pensavano che fosse stata una finta vendita, un modo per far si che il Presidente Berlusconi potesse far girare il suo denaro. In realtà ciò che sta accaendo ora pare confermare questa ipotesi vergognosa che fa male alla squadra e ai suoi tifosi.
Non bastava l’espulsione dalle Coppe. Ora il Milan rischia di finire all’asta. Non è difficile individuare l’artefice del destino beffardo toccato in sorte al club rossonero: Li Yonghong. Procediamo con ordine.
Il Milan fa ricorso al Tas di Losanna dopo la stangata dell’Uefac he ha squalificato il Milan dalle Coppe per il prossimo anno. Nelle stesse ore l’attuale patron del Milan – sui cui pendono da sempre le ormai note inchieste per malaffare – torna a negoziare per il passaggio di proprietà con Rocco Commisso. Le trattative – scrive il Sole 24 Ore – si erano interrotte bruscamente dopo un rapido decollo. A far saltare la firma dell’accordo, qualche giorno fa, l’ondivago Mr Li.
L’imprenditore americano di origini calabresi, assistito da Goldman Sachs, aveva fatto arrivare sul tavolo rossonero una proposta articolata in tre punti: il rimborso del debito di Rossoneri Sport con cui Li aveva acquistato il club (180 milioni); l’iniezione di 150 milioni per il mercato; la gestione della società. All’attuale proprietario del Milan sarebbe rimasto il 30%.
Troppo poco – forse – per l’imprenditore cinese il cui obiettivo è recuperare almeno in parte i 400-500 milioni spesi nell’ultimo anno. Li voleva lasciare il segno, diventare qualcuno. Invece il Milan gli ha procurato più grattacapi che ricchezza. E oggi rischia di essere ricordato come il presidente che perso più soldi.
La proposta di Comisso non è foriera di grandi guadagni. Ecco perché la trattativa con il proprietario di Cosmos resta complessa e avanza l’ipotesi di un ingresso anticipato di Elliott. Che però Li vuole scongiurare perché perderebbe tutto.
L’uomo d’affari cinesi ha fatto così saltare la firma per la seconda volta. Per poi ripensarci. Cosa vuole ottenere?
Nelle ultime ore – scrive il Sole – i contatti tra i consulenti delle due parti si sono riattivati. Si torna a trattare ma questa volta sarà Commisso, stufo dei tira e molla di Li, a dettare le condizioni. Lo ha spiegato lui stesso in una intervista ad America Oggi. L’accordo potrebbe essere chiuso entro il fine settimana. Salvo sorprese. Che – vi assicuriamo – non mancheranno.
Quali alternative ha Li? Formalmente nessuna. Incombe una scadenza: il 6 luglio. Entro quella data scatterà l’escussione del pegno con il fondo americano Elliott, che ha prestato 32 milioni a Li per l’aumento di capitale. Se questi soldi non arrivano in tempo, Elliott subentrerà nella proprietà (entro ottobre il famigerato uomo d’affari avrebbe dovuto restituire al fondo americano i 303 milioni con i quali ha acquistato il club nell’aprile del 2017).
Ecco che tornano utili gli altri potenziali acquirenti: i Ricketts. La famiglia di miliardari è fuori tempo massimo per negoziare un accordo prima dell’escussione del pegno. Sta accelerando i tempi della due diligence che tuttavia – secondo fonti interpellate da Carlo Festa – impiega almeno un mese per essere completata. Quindi difficile. Eppure Li potrebbe giocare proprio questa carta per accendere un’asta.
Sì: il Milan rischia di essere venduto all’incanto. Li potrebbe farsi prestare i 32 milioni da restituire a Elliott e organizzare un’asta competitiva. Allungando i tempi per valutare l’offerta migliore. Non per la squadra. Ma per sé stesso.
“Il Milan rischia di diventare un club di ‘cioccapiatti'”, aveva anticipato oltre un anno fa Alberto Forchielli all’Agi.
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Se chiudere l’accordo con il nuovo socio in tempi record sarebbe utile per evitare che subentri Elliott, difficile pensare che possa portare qualche chance in più per annullare la sentenza dell’Uefa. Se qualcuno ha ipotizzato che presentarsi con un socio solido al Tas di Losanna potrebbe essere una mossa vincente, forse deve ricredersi, scrive il Corriere della Sera. Dalla sentenza di Nyon è sparito qualsiasi riferimento al patrimonio di Li Yonghong, messo sotto accusa nel settlement agreement. L’Uefa ha giudicato solo le violazioni del fair play finanziario per gli anni 2014-2015: gli ultimi della gestione Berlusconi.
Senza contare le polemiche delle ultime ore su una sentenza scritta malissimo. Lo stesso ad Marco Fassone ha dovuto chiamare i giudici svizzeri per chiedere spiegazioni: il numero “2 stagioni” andava intesa come la squalifica di due anni – come molti quotidiani online avevano scritto – oppure come un’unica stagione di squalifica “in alternativa”?
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