“Quel ramo del Naviglio Grande, che volge a sud-ovest” … con un’analogia che potrebbe sembrare ad un primo sguardo potenzialmente iperbolica con l’incipit de “I Promessi Sposi” di Manzoni, ad uno sguardo più attento, potrebbe invece risultare l’inizio di un romanzo storico e di formazione sull’area dei Navigli milanesi ed in particolare quella del Naviglio Grande che porta l’acqua in Darsena e in città.
È proprio in questa metafora narrativa che risiede la ragion d’essere del racconto di questo ramo dei navigli milanesi, una parte di città dimenticata perché è oltre la circonvallazione e la movida dei tratti di Naviglio intono alla Darsena, riscoperta e rivitalizzata dopo la riqualificazione. Come la Darsena anche il Naviglio Grande oltre Ponte Valenza deve essere riscoperto e rianimato e per questo deve essere raccontato.
Nella narrazione del suo status attuale e nel possibile collegamento del tratto di città che va dall’Alzaia del Grande a quella del Pavese e nelle storie di vita cittadina che si realizzano tra i due canali, risiedono le ragioni per le quali stanno sorgendo diversi nuovi comitati di residenti per restituire luce al Naviglio Grande in dialogo con l’altro Naviglio. Facendo emergere quella che è la storia dell’area dei Navigli.
I Comitati chiedono alle Istituzioni di porre la stessa attenzione che interessa il Naviglio nel tratto da Ponte Valenza alla Darsena. I Comitati propongono una riqualificazione reale, che coinvolga attivamente la popolazione, con un ascolto effettivo e partecipato, al di là di forme quali il “bilancio partecipativo”, che nei fatti non hanno modalità trasversali e di ascolto reale, quindi democratico; modalità che vadano al di là di una demagogia populista della partecipazione collettiva.
Questo perché il bilancio partecipativo presumeva una partecipazione online senza tener conto che questa parte di città, e non solo, è abitata prevalentemente da anziani, che non hanno né accesso né alfabetizzazione con gli strumenti digitali. Così viene esclusa una parte consistente di popolazione, che ha memoria preziosa che può sostanziarsi in proposte. Un ascolto reale richiede di tornare a lavorare sul territorio, non solo con iniziative spot come quelle che si tengono sotto campagna elettorale, o con qualche iniziativa riconducibile a “ritualità proto partitiche”. Mutuando Macchiavelli, il buon “principe”, quindi il buon politico, dovrebbe tornare nelle strade tra la gente come facevano i partiti popolari per chiedere alla cittadinanza proposte per trovare assieme soluzioni reali, efficaci e realizzabili, al di là delle facili demagogie.
Emblematica è la questione degli ex scali ferroviari lungo l’asse che parte dalla Stazione di Porta Genova fino a Corsico e con un potenziale sviluppo di un corridoio ecologico fino al Parco Agricolo Sud Milano. Perché non dar vita ad un gruppo di lavoro misto di comitati, cittadini e rappresentanti istituzionali, che operi sul campo per costruire assieme il progetto di un percorso nel verde di un lungo corridoio ecologico?
Così nella riforma del Decentramento perché non si è creata una Municipalità dei Navigli? I quali hanno una storia, una morfologia e una vita comune? Sono invece lasciati come brani marginali in circoscrizioni più ampie, quindi inevitabilmente trascurati perché sentiti o vissuti come corpi estranei separati dall’asse ferroviario e dai manufatti idraulici stessi. Ciò vale in particolare per il Naviglio Grande, che si colloca nel Municipio 6 e si affaccia al confine del Municipio 1, per cui da un lato è sovra-attenzionato nell’area della Darsena e, quindi, dimenticato nella parte che definisce i quartieri San Cristoforo-Barona-Ronchetto. Infatti il centro politico e nevralgico della vita del Municipio 6 è rappresentato dalla parte di città dei quartieri Lorenteggio e Giambellino.
Questa trascuratezza si riflette anche nei servizi. Due anni fa nel quartiere Ronchetto, lungo il Naviglio Grande, ha chiuso l’associazione volontaria di pubblica assistenza: l’ambulanza presente da 30 anni. Da allora un gruppo di giovani volontari certificati ha dato vita ad un’associazione volontaria di pubblica assistenza e tra mille difficoltà burocratico-amministrative, sta cercando di ottenere ed attivare una sede operativa per l’ambulanza. Tutto ciò nonostante la comunità locale, dal centro giovanile della Barona ai commercianti locali, alle parrocchie ed alle associazioni dei genitori delle scuole della zona li supportino, rispecchiando quella continuità di comunità sociale propria dei quartieri definiti dai Navigli.
La sicurezza e la coesione sono un prodotto sociale che deriva dalla riqualificazione del territorio, tramite il decoro urbano, la manutenzione del manto stradale e il ripristino del pavé, la cura delle aree verdi, l’offerta di servizi di welfare e di prossimità, promuovendo, aiutando, accompagnando le associazioni di volontariato, le quali costituiscono l’effettivo esercizio della democrazia tramite attraverso la cittadinanza attiva.
Perché questo ramo del Naviglio deve avere i bidoni verdi di plastica e non quelli di design dell’area della Darsena? Eppure le tasse pagate dai residenti dell’Altro Naviglio sono le stesse pagate dai cittadini dell’area tra Ponte Valenza e Porta Genova.
Perché piazzale Negrelli, che poteva diventare un nodo di relazione tra parco Teramo e il Naviglio Grande alla fine rimane un capolinea del tram con una fontana e i posteggi come risultato della sua riqualificazione? Eppure poche centinaia di metri più avanti in corrispondenza con la Stazione di San Cristoforo ed il Capolinea della M4 ci sarebbe spazio per un capolinea di corrispondenza del tram. Tutto ciò nonostante che il comitato dei cittadini e i commercianti avessero fatto una proposta più qualificante, appunto.
Perché i due Navigli non sono posti in relazione tra loro e con i comuni della prima cintura peri-urbana con effettivi percorsi ciclo pedonali e stazioni di bike sharing in una reale ottica metropolitana?
Dove i Navigli avevano generato piccoli e grandi opifici, cortili collegati tra loro dove c’erano i sciustrèe, nella stessa economia della relazione oggi ci sono show room, atélier, locali per il loisir, e start-up dell’economia della conoscenza. Testimoni e custodi del paesaggio la Canottieri Olona e la Canottieri Milano. La neo nata Canottieri San Cristoforo che indica la possibile ulteriore riqualificazione di quel tratto di Naviglio.
Da qui la necessità di raccontare la vita lungo il Naviglio Grande, quel ramo di Naviglio trascurato e dimenticato, come Renzo e Lucia trascurati dalle élite locali e lasciati in mano a Don Rodrigo ed ai suoi Bravi, finché la loro storia non è stata raccontata dando loro la possibilità di rifarsi una vita.
Così dev’essere per l’Altro Naviglio, che necessita di essere riscoperto, riqualificato, valorizzato con i suoi protagonisti, non lasciandoli in una zona d’ombra della politica pubblica cittadina.
Alessio Cortiana