Una possibile sfidante di Donald Trump alle presidenziali del 2020 potrebbe essere la popolarissima star televisiva Oprah Winfrey, “la Regna di tutti i media” ed anche il più ricco individuo afro-americano del secolo passato. Notazione questa, vi prego di considerare, non irrilevante.
Una donna ricchissima potrebbe dunque essere chiamata a fare gli interessi dei meno abbienti, a limitare le diseguaglianze sociali ed economiche del Paese, perché questa è la missione del Democratic Party, quello dell’asinella, quello dei diritti civili, quello del riformismo politicamente corretto.
Se Oprah sarà il candidato sfidante, la sua parola d’ordine la sappiamo già: lotta contro l’oppressione delle donne, a tutti i livelli. Però lei non è una donna oppressa: lei è da decenni la più influente donna di potere degli Stati Uniti.
Il suo idolo è Diana Ross, la più grande cantante pop del secolo, almeno a giudicare dal numero di dischi venduti, a milioni, fino a diventare anch’ella così wealthy (benestante) da risultare white (bianca), al punto che bianca Warhol la raffigurò, anche se con occhi di gazzella inconfondibilmente afro.
Guardate che questa cosa che i ricchi possano convintamente ed adeguatamente rappresentare i poveri non è sempre stata creduta. È vero che l’idealità fa la sua parte, ma è anche vero che, in ultima istanza, la politica è una difesa di interessi, e lo dico in senso buono, in senso alto.
Se sei ricco non hai interesse ai cambiamenti bensì alla perpetuazione della tua condizione agiata, allo status quo. Non si tratta di essere gattopardeschi, si tratta di essere assennati e pragmatici.
Certo, può rinascere un Feltrinelli che dopo essersi fatto servire le pietanze in guanti bianchi gioca a fare la rivoluzione, ma è un’anomalia, sostanzialmente è una cosa folle, direi marcatamente esibizionistica, senza capo né coda.
È una cosa a parer mio anche un tantinello vigliacca e probabilmente figlia di una cultura catechistica, oratoriale: la volontà di godere del privilegio senza il minimo gravame morale. Per dirla alla popolana, è volere la botte pena e la moglie ubriaca.
Inviterei gli esclusi, i diseredati, insomma quegli ultimi che evangelicamente saranno i primi, o più semplicemente, ed altrettanto evangelicamente, coloro che hanno sete e fame di giustizia, a considerare se davvero possa esistere una rivoluzione – una radicale riforma, non voglio spaventare nessuno – compiuta da chi non ha il minimo interesse a farla ed è difficilmente provvisto di un idealismo talmente ipertrofico da fargli dimenticare il proprio personale tornaconto.
I santi e gli eroi sono pochi, pochissimi. Gli imbonitori abbondano.