Ding an sich. la “cosa in sé”. Così Immanuel Kant chiamava il dato ultimo di realtà cui puoi accedere solamente con il pensiero. Dunque è possibile ragionare intorno alla realtà in termini di “cosa in sé”? Certo, direi che quando si va a normare è doveroso, ma non lo fa nessuno, perché di certi aspetti che chiamiamo “diritti” e sono privilegi nessuno vuole cogliere l’iniquità. Non certo chi ne beneficia, che in generale è chi ne discetta o scrive. Magari e paradossalmente in termini pesantemente critici. Ma nel complesso, voglio dire, in sostanza, è una burla. È una valvola di sfogo del sistema, esattamente come lo scandalo secondo Dario Fo. Fa parte del gioco.
Come dai tempi di Hammurabi è sempre stato, ancora oggi è: la scrittura è appannaggio delle caste sacerdotali e delle burocrazie. C’è stato sì, l’intervallo nemmeno troppo virtuoso della cultura borghese, ma è durato poco ed è già finito, e in fondo era una cosa mercantile. Lo scrittore borghese ha sempre dovuto piacere al più vasto pubblico di lettori altrimenti l’editore non lo avrebbe pubblicato. Lo so, lo vedo, che gli scaffali delle librerie pullulano ancora di borghesotti intenti a guardarsi l’ombelico, ma in tempi di drammi sociali quale il presente ciò diventa ancillare e grottesco. Usare l’amore per nascondere l’altrui fame è la cosa più meschina del mondo. Si ama a pancia piena, non lo sapevate autori neoromantici dell’era digitale? Ma torniamo all’inizio, i privilegi e “la cosa in sé”. Non avete mai sentito dire a qualche percettore di vitalizio o regale prebenda: «Sì, è vero, sono un privilegiato, ma se anche mi dimezzate l’importo non risolverete i problemi economici del Paese». A questo punto solitamente l’intervistatore fa un mezzo ammicco e finisce lì. La bestialità appena rilevata rimane impunita. Allora esplicitiamolo: l’unica finalità dell’abolizione di un privilegio è la sua abolizione. Non lo si fa per altro che per aumentare l’equità di questo mondo. Poi se magari con 12 dei 15 mila euro che percepisci al mese riesco ad aiutare un bisognoso avrò raggiunto un secondo obiettivo. Ma il primo, vi assicuro, mi basta. Mi basta in sé. I privilegi in questo Paese devono finire perché sono privilegi. Non per abbattere il debito pubblico. Il fatto che i privilegiati votano non deve essere un rovello per il buon politico. Almeno del politico cui è caro il benessere del maggior parte possibile della popolazione. Ma, poi, perdonate: non dovrebbe fare questo una classe politica democraticamente eletta? O stai con la maggioranza o stai con le minoranze. La cosa paradossale è che la maggioranza seguiti a votare i paladini delle minoranze. Prendi coscienza popolo. Svegliati! Edoardo Varini |