DIARIO DI VIAGGIO

Nov 11, 2021

Quando un premio letterario diventa occasione per scoprire il territorio

Ho il grande piacere di farvi partecipi di un viaggio che ho fatto grazie ad un premio letterario che ho vinto, si tratta del Premio letterario internazionale Andrea Testore – Plinio Martini “Salviamo la Montagna”, promosso dalla Fondazione Valle Bavona (Svizzera) e dal Comune di Toceno (Italia), giunto nel 2021 alla 12 a edizione. Ecco le mie tappe e gli appunti più interessanti del mio viaggio .

 20 agosto 2013, Craveggia (VB)

Particolare del Mantello Nuziale di Maria Antonietta

Non avrei mai pensato di poter osservare da vicino il “Tesoro dei Re di Francia”. E invece sì, così è stato, nell’antico borgo di Craveggia, noto per i tetti in pietra con i caratteristici camini, dal quale un tempo partirono in tanti in cerca di fortuna. Proprio alcuni di questi emigranti, riusciti a salire nella scala sociale, hanno riportato al paese natio il mantello nuziale della regina Maria Antonietta e il drappo dell’“ultimo viaggio” di Luigi XVI, con le scene della Passione e della Risurrezione raffigurate in sei medaglioni in gobelin, e inoltre croci d’argento massiccio con pietre preziose, rari reliquari e ostensori, dipinti di scuola fiamminga e delicati paramenti, custoditi oggi con cura nella settecentesca chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo. Tra i fautori di queste importante donazioni i Mellerio, in Francia conosciuti come Meller, che, divenuti col tempo gioiellieri di corte, hanno creato i più lussuosi monili da ornamento per scollature e dita, anche per le teste coronate di Spagna e Inghilterra. E allora, aggirandovi per i vicoli del paese, come foste nelle sale del Tesoro del Topkapi, date un occhio alle vetrine delle gioiellerie locali, chissà che non vi capiti di ammirare una copia dell’ aigrette realizzato dai Mellerio per la moglie del maharaja di Kapurthala. I gioielli a forma di piuma per adornare cappelli o da usare come fermaglio per i capelli sono tornati di moda! 

21 agosto 2013  Santa Maria Maggiore (VB)

Museo dello Spazzacamino

Visitare il Museo dello Spazzacamino di Santa Maria Maggiore è vivere un’esperienza emotivamente coinvolgente. A me è capitato! Capiterà sicuramente anche a voi quando, al secondo piano del singolare edificio che ospita il museo, entrerete nel cosiddetto “Camino orizzontale”.  Rumori (quello del “riccio”2 che raspa la canna fumaria e del “brischetin”3) e odori (quello caratteristico della fuliggine), vi catapulteranno nell’universo dei piccoli spazzacamini, non solo vigezzini, che forzando gomiti e ginocchia e aiutandosi con i piedi, risalivano le strette pareti della canna fumaria per raspare a mano, o con la “squareta”4, quella fuliggine che si staccava dal camino e riempiva i loro piccoli polmoni annerendo mani e viso, nonostante la “caparuza”5.  Le fotografie degli esili “piccoli rusca”6, ceduti “in affitto” a un “padrone” che lesinava il cibo ma non le sgridate e anche le botte, resteranno a lungo impresse nei vostri occhi; non dimenticherete facilmente le loro storie, quella “favola nera” di minori costretti dalla miseria a lasciare, nella stagione invernale, la propria famiglia e la montagna, per emigrare nella “bassa”, in pianura, nel regno delle nebbie, destinati a spazzare i camini.

4 Ottobre 2014, Bignasco (Distretto di Vallemaggia. CH)

La prima volta a Bignasco, ai piedi di quella che è chiamata Lüera, per un istante ho creduto d’essere stata catapultata a Creta. Una scabra parete rocciosa a nord, un enorme monolite a valle e due alti e robusti muri a secco (quello a sud supera i sette metri), mi hanno, infatti, ricordato la prigione del Minotauro, il figlio mostruoso di Pasifae e di un toro, al quale ogni anno venivano sacrificati sette fanciulli e sette fanciulle. Ho scoperto che qui, per fortuna, la vittima sacrificale era solo una capretta destinata con i suoi belati ad attirare i lupi che infestavano la valle. Il predatore, entrato da un piccolo portello, che si richiudeva a scatto alle sue spalle, scopriva ben presto d’essere caduto in trappola. Storie d’altri tempi, che risalgono, stando ai documenti, al 1400 almeno e che dimostrano l’abilità dell’uomo in un territorio difficile. Qui dove il paesaggio, contrassegnato da pietraie, dirupi e giganteschi massi, pare creato per Titani e Titanesse, è stato sfruttato ogni anfratto, ogni macigno, creando costruzioni che affascinano per la loro ingegnosità. La Lüera, o trappola per lupi, è una di queste.

1 ottobre 2016, Val Rovana, Val Bavona e Val Lavizzara (CH)

Torba – val Maggia

Se volete scoprire valli ricche di paesaggi naturali e antropici di notevole interesse, recatevi nelle valli superiori della Vallemaggia. Troverete una montagna difficile in cui le rocce a picco sovrastanti i piccoli paesi e frane, inondazioni e valanghe, hanno messo a dura prova gli abitanti che però hanno sempre dato prova di attaccamento al loro territorio e capacità di adattamento.Ne sono una prova i ripidi pendii terrazzati, faticosamente risaliti un tempo con la “gerla” o la “cadola”; gli “splüii”, costruzioni erette sotto grossi massi adibite a varie funzioni; le “torbe”, a mensola o “a fungo”, antiche costruzioni per la conservazione dei cereali, segale soprattutto; i “baloi”, enormi massi che si sono staccati dalle pareti sui quali, a prezzo di grande fatica, è stata trasportata terra per ricavare minuscoli spazi coltivabili. Isolati sui quattro lati e accessibili soltanto con ripide scale in sasso, oggi i “baloi” attraggono il visitatore per la loro unicità, in un paesaggio di straordinario valore culturale in cui anche il moderno strizza l’occhio al passato, parla di una tradizione che continua, che rimette in pratica l’arte del costruire “a secco” con pietre che provengono dalle cave locali. Ne è una prova la chiesa di S. Giovanni Battista di Mogno, in rustico gneiss e pregiato marmo, che porta la firma dell’architetto ticinese Mario Botta e che ricorda nel taglio verticale delle pareti la ferita inferta dalla valanga nell’aprile del 1986. Non dimenticate infine di visitare in Val Rovana, a Bosco Gurin, il Museo Walserhaus che proprio quest’anno ha ottenuto il premio Meyvaert 2021 per “la straordinaria capacità di documentare e mettere in valore il patrimonio culturale materiale e immateriale in un contesto territoriale peculiare, attraverso la sensibilizzazione, il coinvolgimento e la partecipazione attiva della comunità”.

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10 ottobre 2020, Foroglio (Valle Bavona. CH)

“Bisogna raccontarla la montagna passata”- così mi disse, accanto al camino, Martino Giovannettina, l’oste-scrittore dell’Osteria alpina La Froda di Foroglio- “il non eroico, l’indicibile, sotto un cielo buio, senza stelle, i muri che sanno di fumo, il tavolo di castagne, il sottotetto di vento, il buio di preghiere, gli incesti, gli aborti, gli stupri. Bisogna raccontarla quest’eredità cupa, la montagna nera. Non bisogna restare sulla soglia, sulla porta dell’abisso”. Quella volta però, nella locanda popolare e colta, che ha visto ai suoi tavoli scrittori e poeti come Mario Rigoni, Giorgio Orelli, Alberto Nessi e altri importanti personaggi, i muri sapevano di buon cibo, di polenta ben cotta e di brasato speziato; il cielo era limpido e i turisti, soprattutto tedeschi, additavano oltre la finestra, la superba cascata che precipita con fragore da un’altezza di centodieci metri sollevando spruzzi e pulviscolo acqueo. Chissà se avevano mai sentito parlare del film di Leni Riefenstahl, Das blaue Licht, che si apre proprio con l’immagine della maestosa cascata che tutti fotografano andandole il più vicino possibile quasi volessero fondersi con essa. È pur vero però che l’acqua parla, a chi sa ascoltare, e regala infinite emozioni.

26 luglio 2021, Comologno (Valle Onsernone. CH)

 scorcio del “Palazzo
della Barca” e del “palazzo di sotto” a Comologno

Una valle selvaggia, poco abitata, una strada infame, a giravolte. Sotto il vuoto… Non stupisce che la gente di qui abbia voluto emigrare non solo per sfuggire alla miseria, ma anche per non dover fare i conti con una natura ostile. Adesso però, mentre mi aggiro tra i palazzi situati nella parte centrale del villaggio, non posso fare a meno di provare stupore e ammirazione. Dopo aver commerciato in Francia, a Parigi, a Orléans, a Chârtres, le famiglie Remonda7, Gamboni8 e Bezzola, a fine Settecento, fecero ritorno nella valle natia e gareggiarono nella costruzione di palazzi che paiono quasi castelli. Mi sembra di vederle le carovane di muli, cariche di mobili e suppellettili, che vengono su per quei tornanti stretti, sorprese talvolta da temporali con accompagnamento di tuoni a scoppio, ad eco, a tamburo, rotolanti o sibilanti, esitanti e infine ridacchianti per l’apparire dell’arcobaleno e del sole che fa brillare a festa il verde dei castagni e dei faggi e l’acqua dei torrenti di nuovo limpidi. E provo davvero stupore nell’ammirare queste belle dimore signorili, ad archi e portici, con tetti in sasso, soffitti e pareti dipinti, ritratti austeri e arredi perfettamente conservati dopo più di trecento anni. Ci sono ancora le boccette di rosolio, le scatole di cipria, i cappelli di paglia, le confezioni di cibi rari che quei gentiluomini si facevano inviare in questo sperduto angolo di mondo che, nonostante tutto, ha qualcosa che incanta.

Note 2,3,4,5,6. Riccio: attrezzo di lame di ferro a raggiera. Sostituiva  la spatola metallica nei punti più difficili. Brischetin: scopino. Squareta: canna con in cima il riccio. Caparuza: sacchetto da mettere in testa per ripararsi dalla fuliggine. Piccolo rusca: spazzacamino. A Malesco si trova la statua di Faustino Coppini di Re, fulminato dai fili dell’alta tensione quando sporse la mano per gridare “Spazzacamino” e mostrare al padrone che era arrivato in cima alla canna fumaria.

Nota 7. Guglielmo Antonio Maria Remonda fece costruire nel 1770 il “Palazzo della Barca”, quasi un castello rivaleggiando con lo zio, Carlo Francesco Remonda, generale di Brigata, poi barone dell’ impero, titolo nobiliare che lo poneva allo stesso rango dei più alti dignitari di Napoleone, che aveva fatto costruire il’imponente “Palazzo di Sotto” circa tre anni prima.

Nota 8. Palazzo Gamboni, fatto costruire da Remigio Gamboni nel 1730, oggi è Swiss Historic Hotel che fa rivivere il passato e aiuta a comprendere come ogni luogo possa essere davvero il centro del mondo.

 © Rosa Maria Corti

Di the milaner

foglio informativo indipendente del giornale

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